NEWSSTATI UNITI D’AMERICA Abolito il segreto confessionale in caso di abuso su minori nello Stato di Washington (Marzia Maria Fede)
NEWSITALIA Nota a Tribunale di Catania, Ia Sezione civile, 31 gennaio 2025 (Ilaria Valenzi)
(21 maggio 2025)
Il caso oggetto del giudizio di secondo grado svolto presso il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo e di Appello, concluso affermativamente con la coram Mauriello del 29 gennaio 2025, nasce da una complessa vicenda matrimoniale caratterizzata dalla conversione post-nuziale di uno dei coniugi ad altra confessione religiosa.
Si tratta di un tema centrale nell’attuale società interculturale sempre più caratterizza da un accentuato pluralismo religioso che talvolta emerge anche all’interno dei singoli nuclei familiari[1].
Nel diritto canonico la diversa appartenenza confessionale delle parti assume un rilievo sia in fase costitutiva del vincolo matrimoniale in ragione degli impedimenti di disparitas cultus (can. 1086 CIC)[2] e mixta religio (cann. 1124-1128 CIC)[3], sia in presenza di una successiva conversione di uno dei coniugi nella fase di attuazione del rapporto matrimoniale qualora ancorata alla genesi già in fase prematrimoniale di un vizio del consenso matrimoniale.
Quest’ultimo profilo si pone al centro della coram Mauriello del 29 gennaio 2025, determinando un caso di intersezione di due capi di nullità quali l’esclusione dell’indissolubilità (can. 1101 § 2 CIC)[4] e la condizione de futuro (can. 1102 CIC)[5]viste le complesse sfumature fattuali della vicenda matrimoniale, in casu, che necessitava una verifica giudiziaria con uno spettro di indagine più ampio che si è poi cristallizzata nella contemporanea pronuncia affermativa per entrambi i capi di nullità.
Nello specifico, nel corso del processo di secondo grado, su istanza del patrono di parte attrice si procedeva ad un ampliamento del dubbio decretandolo con la seguente formula: “Se consti la nullità del matrimonio in oggetto per l’esclusione dell’indissolubilità da parte dell’attore (can. 1101, § 2, C.D.C.) e tanquam in prima instantia per condizione de futuro apposta dall’attore (can. 1102, C.D.C.) e per errore dell’attore su una qualità della convenuta intesa direttamente e principalmente (can. 1097, § 2, C.D.C)”.
Nella coram Mauriello in commento assume un rilievo significativo la parte dedicata al regime probatorio dei due capi di nullità su cui si fonda la decisione affermativa, quali l’esclusione dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale e la condizione de futuro, che in questo caso «si incontrano e si integrano vicendevolmente» poiché «il senso della condizione determina e porta alla causa simulandi e convince dell’esistenza dell’atto positivo di volontà»[6]. Il Collegio risponde invece negativamente in merito al capo dell’errore su una qualità della persona intesa direttamente e principalmente.
In merito all’esclusione dell’indissolubilità, il Collegio, anche attraverso un costante richiamo alla giurisprudenza rotale, individua una serie di elementi strutturali del relativo regime probatorio evidenziando che
«L’esclusione dell’indissolubilità, come del resto qualsiasi simulazione, è di difficile prova anche se non impossibile. Come si legge in una decisione coram Turnaturi: “Difficilis generatim habetur simulationis probatio totalis vel partialis vel “quia agitur de actu interno et quia simulatio contra se duas habet iuris praesumptiones, favorem nempe quo matrimonium gaudet (can. 1060 CIC 1983; can. 1014 CIC 1917) et praesuppositum quod internus animi consensus sit conformis verbis vel signis in celebrando matrimonio adhibitis (can. 1101, § 1, CIC 1983; can. 1081, § 1 CIC 1917)” (decisione coram dell’infrascritto Ponente, del 1° marzo, cit. p. 172, n. 13). Tria generatim occurrunt in probatione quae passim recoluntur in nostris decisionibus, scilicet confessio simulantis, iudicialis et praesertim extraiudicialis, testibus fide dignis tempore insuspecto facta; gravis et proportionata simulandi causa, quae a causa contrahendi theoretice bene distinta, huic de facto praevaleat; circumstantiae antecedentes, concomitante set subsequentes, quae patratam simulationem nedum possibilem sed probabilem credibilioremque reddant.” (decisione coram Turnaturi del 10 aprile 2003, in RRD, vol. XCV, n. 14).
La decisa volontà di escludere l’indissolubilità si desume, allora, innanzitutto dalla confessione del simulante, che costituisce l’oggetto e l’inizio della prova e che può avere piena “vis probandi” ove sussistono altri elementi che la corroborano (cfr. can. 1536, 2) cioè testi, documenti o circostanze.
Particolare rilevanza nelle ipotesi di simulazione deve riconoscersi alla causa simulandi.
La causa simulationis deve essere ben determinata e gravemente proporzionata e deve aver condizionato e determinato la “prava voluntas” del contraente alla simulazione. Si afferma, infatti, “causa proxima plerumque insidet in positivo dubio de futura felicitate coniugii cum firma recusatione, ob immodicum libertatis et propri ac utilitatis amorem, aequo ferendi animo adversam fortunam et sese subiciendi, omni in casu, perpetui servituti, quam vinculum secumfert. Causa remota requirenda in forma mentis contrahentis, saepe enutrita generali admissione divortii et malis propinquorum exemplis, maxime si compertum habeatur contrahentem audacter respuisse quod optime sciebat Ecclesiam de re sentire et pubere” (cfr, decisione coram Huot, del 5 luglio 1975, in SRRD, vol. LXVI; decisione coram Serrano del 18 aprile 1986, in RRD, vol. LXXVIII).
Sempre in materia di prove “circumstantiae antecedentes, concomitantes et posteriores cribrandae erunt”, poiché, come insegna la giurisprudenza della Rota, anche i fatti sono importanti. Si legge in una decisione coram Monier del 8 novembre 2002 “circumstantiae quoque antecednetes, concomitante set subsequentes, quae simulationem probabilem reddant, aestimanda sunt. Inter eas perscrutare oportet simulantis educationem, moralia principia, personales persuasiones necnon causas seprationis et divertii. De re animadvertit Exc.mus Decanus Noster: “Praeter indolem et institutionem asserti simulantis, prae oculis insuper habenda est eiusdem vivendi agendique ratio nedum religiosa, sed et socialis. Pariter attendendi sunt loci et domestici mores, et bi instantes exstiterint dissuasiones a nuptiis contrahendis investigandum est quanam de causa, haud obstantibus dehortationibus parentum et amicorum, ad matrimonium in facie Ecclesiae sese determinaverit contrahens, qui nunc assumit se consensum simulasse.” (decisione coram Funghini del 29 gennaio 1997, ibid., vol. LXXXIX, n. 4) - (decisione coram Monier del 8 novembre 2002 in RRD, vol. XCIV, n. 7)»[7].
Inoltre, con riferimento al non facile regime probatorio della condizione de futuro, il Collegio rileva che
«La prova della condizione non è affatto facile; essa è possibile quando concorrono simultaneamente vari elementi.
Tra questi, la confessione delle parti, soprattutto extragiudiziale, resa in tempo non sospetto e confermata in giudizio da testi degni di fede; difatti, affinché la condizione abbia rilevanza sulla validità del patto matrimoniale è necessario che l’evento condizionante entri a far parte del consenso.
In altri termini, è necessario che la persona intenda legare la validità del matrimonio all’avverarsi della condizione, per cui la condizione deve essere posta con atto positivo di volontà e deve durare fino al matrimonio, senza essere revocata antecedentemente; non è necessario che detta volontà sia esplicita, ma occorre che sia riconosciuta esternamente: “Nam conditio espressa est, si voluntatis actus positivus tertiis planus ac evidens apparet; tacita, si voluntas positiva, etsi contrahentis animo interna, quoquo modo certa est” (c. Boccafola, diei 27.5. 1987, in RRDec., LXXIX, p. 323). Sicuramente da essa deve emergere la prevalenza del fatto dedotto in condizione rispetto allo stesso matrimonio, al punto da dimostrare che il nubente sarebbe stato disposto a rinunciare al coniugio se avesse saputo dell’assenza del fatto stesso.
In rapporto a ciò, la Giurisprudenza rotale riconosce nell’elemento del dubbio un valido contributo per valutare il consenso condizionato, inteso nel senso che da un punto di vista psicologico nessuno è spinto a formulare una condizione se non è angosciato da qualche incertezza, sia essa oggettiva o soggettiva o patologica “Qui de aliqua circumstantia non dubitat, in psicologica impossibilitate versatur necessitatem erigendi ad modum conditionis sine qua non contractus ineundi” (c. Felici, diei 17.06.1956, in RRDec., XLVIII).
Il dubbio, dunque, coincide con l’incertezza.
Altri due criteri sono adoperati per l’accertamento della sussistenza di una vera e propria condizione: il criterium aestimationis, che costituisce un criterio soggettivo pre e postnuziale e che si concretizza nell’importanza attribuita dal soggetto all’evento, circostanza o fatto posto in condizione in rapporto all’instaurazione della vita coniugale, e che talvolta diviene oggetto di una particolare predilezione da condizionare il consenso, e il criterium reactionis, elemento di prova indiretto postnuziale, consistente nella valutazione del comportamento tenuto dal soggetto al mancato verificarsi dell’evento dedotto in condizione.
Si denota che il soggetto è vittima di un moto psicologico che si esterna nel dispiacere e nella frustrazione derivata dalla delusione per il mancato avverarsi della condizione. La rottura della convivenza coniugale, immediata o comunque relativamente vicina alla scoperta, rappresenta un segnale ulteriore di aver condizionato il consenso; se, invece, la convivenza coniugale dovesse ugualmente continuare, protraendosi nel tempo, risulta legittimo dubitare dell’effettiva apposizione della condizione da parte del nubente (A. D’Auria, Il matrimonio nel diritto della Chiesa, Roma 2003, p. 229).
In ogni caso, però, la Giurisprudenza rotale è orientata nel valutare il peso e il significato della reactio, non tanto sulla base del criterio cronologico, quanto piuttosto su quello qualitativo; in forza di ciò non è tanto importante verificare l’immediatezza del comportamento del conditionem ponens, ma il modo di reagire di costui, da valutarsi caso per caso sulla scorta delle concrete circostanze presenti nella fattispecie (cfr. c. Raad, diei 9.10. 1980, in RRDec., LXXII, p. 645).
Ne deriva che fanno da corollario le circostanze antecedenti, concomitanti e susseguenti, le quali manifestano un continuum vitae, logico e coerente, dell’autore della condizione (cfr. c. Ortaglio, diei 26.02.2004, TERC, n. 4)»[8].
Anche in questo caso, la coram Mauriello traccia con puntualità una serie di elementi fondamentali sul piano processuale per la prova dei capi di nullità quali l’esclusione dell’indissolubilità e la condizione de futuro che, in questo non diffuso caso, coesistono nella stessa parte processuale, rendendo ancora più complessa la ricerca di quella certezza morale posta a fondamento di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale (can. 1608 §1 CIC)[9], la quale «implica portare a termine un discernimento a cui tutti il processo, specialmente l’istruttoria, è ordinato»[10].
Raffaele Santoro
[1] Cfr. Antonio Fuccillo, Diritto, religioni, culture. Il fattore religioso nell’esperienza giuridica, Giappichelli, Torino, 2025, p. 525 ss.
[2] Cfr. Raffaele Santoro, Matrimonio canonico e disparitas cultus, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018, p. 73 ss.
[3] Cfr. Luigi Sabbarese, Il matrimonio nell’ordine della natura e della grazia. Commento al Codice di Diritto Canonico. Libro IV, Parte I, Titolo VII, Urbaniana University Press, Città del Vaticano, 2016, p. 333 ss.
[4] Cfr. Fabio Balsamo, Il diritto matrimoniale canonico, in Maria d’Arienzo (a cura di), Manuale di diritto canonico, Giappichelli, Torino, 2024, p. 158.
[5] Cfr. Pietro De Felice, La condizione (can. 1102), in Raffaele Santoro, Claudio Marras (a cura di), I vizi del consenso matrimoniale canonico, Urbaniana University Press, Città del Vaticano, 2012, p. 147 ss.
[6] Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo e di Appello, Coram Mauriello, Catanen - Neapolitana, 29 gennaio 2025, n. 12.
[7] Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo e di Appello, Coram Mauriello, Catanen - Neapolitana, 29 gennaio 2025, n. 7.
[8] Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo e di Appello, Coram Mauriello, Catanen - Neapolitana, 29 gennaio 2025, n. 9.
[9] Cfr. Paolo Palumbo, Il diritto processuale canonico. Il processo di nullità del matrimonio, in Maria d’Arienzo (a cura di), Manuale di diritto canonico, cit., p. 189.
[10] Francesco, Discorso in occasione dell’inaugurazione del 95° Anno Giudiziario del Tribunale della Rota Romana, 25 gennaio 2024, p. 2, il cui testo integrale è edito nel sito ufficiale della Santa sede (www.vatican.va).