NEWSITALIA Regione Campania, calendario scolastico e celebrazioni religiose (Raffaele Santoro)
NEWSCITTA’ DEL VATICANO N. DCLII – Decreto del Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano recante “Disposizioni speciali in materia di affidamento dei contratti pubblici relativi all’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere per il Giubileo 2025″
Ha fatto recentemente notizia il caso della parrocchia Nostra Signora di Lourdes di Pantiere, frazione del comune di Castelbellino, in provincia di Ancona, dove il parroco, nell’occasione di produrre un attestato richiesto da un fedele in procinto di sposarsi, ha “scoperto” che il predecessore (oggi defunto) aveva “dimenticato” di registrare, nell’apposito libro parrocchiale, i certificati del sacramento della confermazione amministrata dal 1980 al 1995. Per risolvere la problematica il sacerdote oggi alla guida della parrocchia avrebbe avuto l’ “idea”, come riportano fonti giornalistiche, di ricostruire i dati da inserire nel libro dei cresimati chiedendo collaborazione a tutta la comunità, mobilitata alla ricerca delle foto delle cerimonie religiose di quegli anni, anche per stabilire date delle liturgie e cresimati presenti, riuscendo così a sanare parzialmente i dati di archivio.
La vicenda ha alcuni profili di interesse canonistico, anche in ragione della soluzione adottata dalla comunità parrocchiale ed in tema di responsabilità del parroco e di tutela della riservatezza e della buona fama.
A norma del can. 535 §1 del Codice di diritto canonico, in ogni parrocchia devono esservi i libri parrocchiali, cioè il libro dei battezzati, dei matrimoni, dei defunti ed eventualmente altri libri secondo le disposizioni date dalla Conferenza Episcopale o dal Vescovo diocesano. È il parroco a dover provvedere affinché tali libri siano redatti accuratamente, conservati diligentemente e custoditi, come ricorda il §4 dello stesso canone, nell’archivio parrocchiale, insieme con le lettere dei Vescovi e gli altri documenti che si devono custodire per la loro necessità o utilità. Tali libri e documenti devono essere controllati dal Vescovo diocesano o dal suo delegato durante la visita pastorale o in altro tempo opportuno. Inoltre, le norme canoniche, a segnare una grande attenzione sulla questione, ricordano anche che “Il vicario foraneo, oltre alle facoltà che gli attribuisce legittimamente il diritto particolare, ha il dovere e il diritto: 3° di provvedere [...] che i libri parrocchiali vengano redatti accuratamente e custoditi nel debito modo” (can. 555, § 1). Con delibera n. 7, promulgata il 23 dicembre 1983, la Conferenza Episcopale Italiana, ha precisato che: “In archivio parrocchiale vi siano, oltre ai libri resi obbligatori dal can. 535, § 1 e a quanto prescritto nei cann. 1284, § 2, n. 9 e 1307, il registro delle cresime, i registri dell’amministrazione dei beni e il registro dei legati”, raccomandando anche la tenuta de “il registro dello status animarum, il registro delle prime comunioni, il registro della cronaca parrocchiale”. Il Decreto generale della CEI per la tutela del diritto alla buona fama e alla riservatezza del 2018, ha definito più specificamente con il termine “registro” il volume nel quale sono annotati, in successione cronologica e con indici, l’avvenuta celebrazione dei sacramenti o altri fatti concernenti l’appartenenza o la partecipazione ecclesiale, confermando che la responsabilità della tenuta dei registri spetti di norma al soggetto cui è conferito il governo dell’ente (nel caso il parroco), prevedendo anche la possibilità di utilizzare registri informatici, ma non in sostituzione ai cartacei (art. 8 Decreto CEI), tenuto conto che “gli strumenti multimediali non sono in grado di garantire la completa sicurezza della privacy né la tutela dai rischi informatici (hackeraggio) con tutte le altre conseguenze” (Risposta particolare del Dicastero per i Testi legislativi Circa l’uso dei sistemi informatici web-based nella gestione dei dati sacramentali (can. 535 CIC) del 16 dicembre 2014 ).
Al dovere della tenuta dei libri/registri parrocchiali si collega, a norma del can. 487 §2, il diritto soggettivo dei fedeli interessati di ottenere, gratuitamente, personalmente o mediante un procuratore, copia autentica manoscritta o fotostatica dei documenti che per loro natura sono pubblici e che riguardano lo stato della propria persona; a ciò corrisponde il dovere dell’ente di esibirli al richiedente, pur precisandosi nel Decreto generale della CEI per la tutela del diritto alla buona fama e alla riservatezza che sono esclusi dal dovere di esibizione i dati che, non provenendo dal richiedente, sono coperti da segreto stabilito per legge o per regolamento ovvero non sono separabili da quelli che concernono terzi e la cui riservatezza esige tutela e che, inoltre, l’interessato non ha diritto di ispezione dei dati del registro e dei dati sottratti alla sua conoscenza (art. 8 §5).
Nel caso della confermazione, nell’apposito libro obbligatorio da tenersi e conservarsi nell’archivio parrocchiale, secondo il diritto particolare italiano, vanno riportati (can. 895) i nomi dei cresimati, del ministro, dei genitori e dei padrini, del luogo e del giorno del conferimento della confermazione; il parroco è altresì tenuto ad informare dell’avvenuta confermazione il parroco del luogo del battesimo, affinché venga fatta annotazione nel libro dei battezzati dell’avvenuta confermazione. La corretta tenuta del registro permetterà di soddisfare eventuali richieste di attestato da parte dei fedeli interessati. Tuttavia, il Codice stabilisce che allorquando non fosse possibile provare l’avvenuta ricezione del sacramento tramite il “libro dei cresimati” (distruzione del libro, assenza della registrazione…) sarà “sufficiente la dichiarazione di un solo testimone al di sopra di ogni sospetto, o il giuramento dello stesso” cresimato, purché abbia ricevuto il sacramento non in età infantile (a partire dai 7 anni) e sempreché non si rechi pregiudizio ad alcuno. Tra i testimoni possono annoverarsi i genitori del cresimato o il padrino/la madrina.
Nella vicenda alla nostra attenzione, pur potendosi valutare utile l’iniziativa del parroco, con il diretto coinvolgimento della comunità parrocchiale nel ricostruire i fatti, si ritiene che non possa ritenersi sufficiente, per sanare quanto accaduto, il solo ricorso a foto o video ed alla conseguente trascrizione dei dati recuperati nel registro parrocchiale, ma sarà necessario – anche in ragione della pubblicità del fatto nella comunità – procedere secondo le chiare indicazioni codiciali e, dopo aver ricostruito i fatti e le persone coinvolte, ricevere una dichiarazione testimoniale o il giuramento del cresimato, possibilmente in forma scritta, circa l’avvenuta ricezione del sacramento, conservando i documenti originali di queste attestazioni e provvedendo, di seguito, alle annotazioni sul registro dei battesimi o alle comunicazioni al parroco del luogo del battesimo. In questo modo si garantiranno anche i diritti al trattamento dei dati personali relativi ai fedeli coinvolti, tenuto conto che la garanzia dell’assoluta riservatezza dei dati contenuti nei registri “è prioritario dovere dei ministri e della Chiesa” (Risposta particolare del Dicastero per i Testi legislativi Circa l’uso dei sistemi informatici web-based nella gestione dei dati sacramentali (can. 535 CIC) del 16 dicembre 2014 ). Quanto raccolto “comunitariamente” in sede di ricostruzione dei fatti potrà certamente essere utile, ma solo come prova a conferma della dichiarazione o del giuramento. Come è stato osservato, infatti, la rilevanza di provare la ricezione del sacramento non sarebbe tanto legata alla validità di sacramenti come l’ordine sacro o il matrimonio, anche in ragione del fatto che la confermazione non è requisito per la loro validità, quanto alla stessa natura non ripetibile del sacramento (GIANLUCA MARCHETTI, Annotazione dell’avvenuta confermazione: can. 895, in Quaderni di diritto ecclesiale, 4/2021, p. 499).
L’omissione della registrazione della confermazione per ben 15 anni è stata interpretata dalla comunità parrocchiale come una “dimenticanza” del precedente parroco, ben voluto da tutti i fedeli e non si ha motivo, considerato anche il fatto che il sacerdote è defunto, di pensare diversamente. Tuttavia si deve precisare che quanto accaduto potrebbe integrare, in presenza di tutti gli elementi previsti dalla normativa canonica, la fattispecie delittuosa di cui al can. 1378 § 2 che stabilisce: “Chi, per negligenza colpevole, pone od omette illegittimamente con danno altrui o scandalo un atto di potestà ecclesiastica, di ufficio o di incarico, sia punito con giusta pena, a norma del can. 1336, §§ 2-4, fermo restando l’obbligo di riparare il danno”. La negligenza dimostrata senza, comunque, la volontà deliberata di violare la legge, da cui dipendono conseguenze dannose per terzi o scandalose, richiede, a norma del canone, una giusta riparazione per le conseguenze negative che si determinano per i singoli interessati e per la comunità ecclesiale. Tale fattispecie, come ricorda anche la dottrina (BRUNO FABIO PIGHIN, Il nuovo sistema penale della Chiesa, Marcianum press, Venezia, 2021, p. 370), si potrebbe verificare proprio nell’ipotesi di un parroco che violi le funzioni a lui assegnate, punibile, quindi, con la pena espiatoria determinata della ingiunzione, della proibizione o della privazione.
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Paolo Palumbo