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(13 febbraio 2025)
La Corte di Cassazione, in una recente ordinanza[1], chiude una delicata vicenda giurisprudenziale[2], relativa al requisito del consenso dei genitori di un minore ai trattamenti sanitari, calato nella peculiare cornice dell’obiezione di coscienza alle emotrasfusioni. Si tratta di temi che costituiscono un «significativo campo di indagine in rapporto al bilanciamento tra la tutela del diritto di libertà religiosa e la tutela del diritto alla salute pubblica»[3], ove rinvenire «una sintesi tra le ineluttabili esigenze dell’ordinamento e le pressanti istanze coscienziali dell’individuo»[4]. Nel caso di specie, il bambino era affetto da una grave malformazione cardiaca, la cui risoluzione richiedeva un intervento chirurgico per il quale sarebbero state, con elevata probabilità, necessarie trasfusioni di sangue. Per procedere all’operazione, tuttavia, l’ospedale necessitava del consenso dei genitori e questi ultimi subordinavano il rilascio dello stesso a condizione che il sangue provenisse soltanto da donatori non vaccinati contro il Covid-19[5].
L’ospedale Sant’Orsola di Bologna, rappresentata l’impossibilità di garantire una selezione di tal genere dei donatori nonché di aderire alla richiesta di ricorrere, in via autonoma, a donatori non vaccinati – perché si trattava di una prassi non conforme a quella dettata dai protocolli internazionali – ricorreva al giudice tutelare di Modena ex art. 3, comma 5, l. n. 219/2017, richiedendo di autorizzare con urgenza il consenso all’intervento e all’eventuale trasfusione; proponeva, altresì, la nomina di un curatore speciale nella persona del direttore dell’ospedale.
Il giudice tutelare, con decreto dell’8 febbraio 2022, rilevando che il consenso condizionato equivale a un non consenso, nominava il direttore generale curatore del minore, autorizzandolo ad esprimere il consenso per il minore nei modi previsti dalla legge. Tale provvedimento veniva impugnato dai genitori dinanzi al Tribunale per i minorenni di Bologna che, con decreto n. 135/2023, ne respingeva le rimostranze, dando atto di essere nelle more intervenuto con un provvedimento di sospensione della responsabilità genitoriale, revocato il 20 maggio 2022.
I genitori del bambino presentavano ricorso per Cassazione avverso il decreto del Tribunale minorile, rispetto al quale proponeva controricorso l’azienda ospedaliera, la quale obiettava anche la carenza di interesse del ricorso dei genitori in quanto l’intervento chirurgico era stato, nelle more, già eseguito. La struttura sanitaria ha giustificato la propria scelta di operare il minore in sede giudiziaria dichiarando, in primo luogo, di attenersi ai protocolli medici che non consentono di accogliere le condizioni poste dai genitori del piccolo. La stessa, inoltre, ha affermato di conformarsi alle linee guida e alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa sulla donazione anonima e periodica.
La Cassazione, sul punto, statuisce che allorquando il consenso sia subordinato a condizioni inaccettabili l’ospedale sarà legittimato a procedere all’intervento chirurgico anche prescindendo dall’assenso di questi ultimi. La richiesta dei genitori si fondava su due convinzioni fondamentali: la prima riguardava la composizione del vaccino anti Covid-19 e, in particolare, la presunta pericolosità della proteina spike per la salute generale del bambino, asseritamente contenuta in quantità superiori alla norma; la seconda mostrava un fondamento religioso, poiché i vaccini sarebbero realizzati utilizzando linee cellulari derivanti da feti abortiti e permetterne l’inoculazione avrebbe costituito un comportamento contrario alla dottrina della Chiesa cattolica[6].
La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto corretta la qualificazione, da parte del giudice tutelare, della richiesta dei genitori come irragionevole, avvalorando il prevalente parere della comunità scientifica secondo cui non esisterebbe alcuna differenza tra il sangue di soggetti vaccinati e quello appartenente a soggetti non vaccinati. Gli ermellini precisano che «il paziente non può esigere che un trattamento sanitario venga effettuato in modo contrario alla deontologia professionale e ai protocolli sanitari esistenti, poiché questo interferisce con la sfera di autodeterminazione del medico. Il medico ha il dovere di seguire le migliori pratiche cliniche e i protocolli stabiliti per garantire la sicurezza e l’efficacia delle cure, anche contro la volontà condizionata del paziente o dei rappresentanti legali». Il giudice tutelare, al fine di risolvere il conflitto tra le posizioni dei genitori e quelle dei medici, ha individuato l’interesse supremo del minore in un’opzione che, in base alla letteratura scientifica disponibile e ai protocolli della struttura sanitaria scelta dai genitori, assicurava le migliori garanzie per la salute del bambino.
La Suprema Corte ha, inoltre, giudicato corretta e adeguata l’interpretazione del giudice tutelare in ordine alle obiezioni religiose sollevate dai genitori. I giudici di legittimità, precisando che non rientra tra le loro competenze quella di addentrarsi nella dottrina religiosa (nonostante tale intenzione, maldestramente si definiscono i documenti di un Dicastero della Chiesa cattolica come «documenti vaticani»), ricordano come la Chiesa cattolica condanni l’aborto volontario e, di conseguenza, anche la cosiddetta «cooperazione materiale passiva». Tuttavia – nota la Corte – la stessa dottrina cattolica ha formulato delle eccezioni al riguardo: la nota della Congregazione per la Dottrina della Fede «sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19» del 21 dicembre 2020[7], citata dai ricorrenti, non richiama solamente il passaggio ad essi favorevole, ma specifica che «quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione» e ancora che «la ragione fondamentale per considerare moralmente lecito l’uso di questi vaccini è che il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota. Il dovere morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave»[8]. Ne consegue che se la stessa Chiesa considera remota la cooperazione insita nel vaccinarsi, ancora più remota andrà considerata la cooperazione legata a trasfusioni di sangue quando non si ha certezza sullo stato vaccinale del donatore e sul tipo di vaccino ricevuto.
La Suprema Corte, infine, si pronuncia anche in relazione alla tutela dell’identità della persona del minore. In particolare, i giudici statuiscono che i genitori ricorrenti commettono un errore in diritto allorquando si riferiscono alla necessità di preservare l’identità religiosa del figlio, sovrapponendo completamente la propria identità religiosa a quella del minore. L’identità di una persona costituisce, invece, «l’insieme delle caratteristiche che rappresentano l’uomo nel suo progressivo divenire. Essa presenta profili genetici, giuridici, sociali e tutti concorrono nella costruzione progressiva e costante della personalità». La Cassazione al riguardo afferma che – sebbene i genitori siano i principali responsabili della formazione dell’identità del minore in quanto hanno il dovere di prendersi cura ed educare il proprio figlio e trasmettono a quest’ultimo il loro patrimonio genetico – essi devono agire nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni[9]. Da questa angolazione, la Corte si svincola dalla prospettiva “adultocentrica” e da una concezione reificata del minore – come oggetto passivo di scelte e decisioni riguardanti la sua vita – a beneficio di una considerazione dello stesso come soggetto di diritti e libertà, il cui ordinato svilupparsi è condizione che legittima la rimozione di ogni ostacolo da parte dei rappresentanti legali.
Invero, anche un minore in tenera età possiede delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni, ma – cosa ben più importante – ha enormi potenzialità di crescita, che potrebbe condurlo ad adottare scelte di vita (e quindi religiose) diverse da quelle dei propri genitori. Questi ultimi, dal canto loro, sono obbligati a rispettare le scelte del figlio, non essendo «accettabile che i genitori adottino decisioni per il minore in cui la loro fede religiosa sia assolutamente condizionante e prevalga in ogni caso sempre e comunque sugli altri interessi del minore». Il giudice, pertanto, dovrà agire a tutela dell’interesse superiore dei minori, che funge da parametro nel delicato bilanciamento tra gli orientamenti religiosi dei genitori con i diritti e gli interessi del figlio, tra cui il diritto alla salute psico-fisica e a un processo di crescita armonioso[10].
L’ordinanza innesta, dunque, un ulteriore tassello nel complesso mosaico dei diritti inalienabili della persona, ribadendo la necessità di un equilibrio dei sottesi valori costituzionali in gioco, in un meccanismo di adeguamento che deve avere come denominatore comune il perseguimento del miglior interesse del minore, in quanto soggetto fragile e bisognoso delle ampie garanzie che la Carta costituzionale appresta al suo sviluppo come persona[11]; un quadro la cui complessità si acuisce allorquando al soggetto minore si affianchi il rapporto tra libertà religiosa e diritto alla salute.
Purtuttavia si tratta di una questione che, sebbene risolta dalla Cassazione in senso proporzionato all’urgenza del caso, sembra lasciare aperte due questioni di non trascurabile rilievo. Da un lato, un esiguo coefficiente di approfondimento circa l’assolutizzazione della prevalenza di un protocollo medico sull’esercizio alla libertà religiosa e su eventuali istanze volte a contemperare l’esecuzione della prestazione sanitaria con i valori etico-religiosi dei genitori, tenendo in maggiore considerazione la possibilità di conversione dell’obbligo giuridico[12] (i ricorrenti si erano impegnati ad assicurare la trasfusione in proprio in tempi compatibili con l’intervento chirurgico). Dall’altro, alcune perplessità di metodo e di contenuto relative all’assunzione di competenza, da parte della Corte di Cassazione, a valutare il grado di cogenza interna o il livello di percezione obbligante di indicazioni confessionali nell’animo del fedele; i giudici asseverano a sostegno della tesi di una cooperazione minima all’aborto una sorta di ‘interpretazione autentica’ della nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, deducendo una cooperazione di grado ancor più lieve nel caso di trasfusione anonima e, dunque, non riconducibile con certezza a un soggetto vaccinato. Il che sembra dar luogo a una distorsione del principio iura novit curia che compromette il principio della distinzione degli ordini come sancito dall’art. 7 Cost.
Francesco Salvatore Rea
[1] Cfr. Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 2549, 3 febbraio 2025, in www.dejure.it.
[2] Ripercorre la vicenda di merito Mariangela Galiano, A proposito del rifiuto, religiosamente motivato, alla vaccinazione opposto dai genitori per i propri figli. Considerazioni a partire da un recente caso giurisprudenziale, in Diritto e Religioni, XVII, 2022, 2, pp. 154-173.
[3] Così Maria d’Arienzo, Vaccini anti-Covid e fattore religioso, in Milan Law Review, II, 2, 2021, p. 39.
[4] In questi termini Antonio Guarino, Obiezione di coscienza e valori costituzionali, Jovene, Napoli, 1992, p. 4.
[5] Sul punto, cfr. Daniela Milani, Vaccinazioni e bene comune: la prospettiva ecclesiasticistica, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, XXX, 2, 2022, 363-370. In relazione allo specifico caso dell’obiezione alla emotrasfusione con sangue proveniente da soggetti vaccinati, cfr. Daniel H. Kim, Emily Berkman, Jonna D. Clark, Nabiha H. Saifee, Douglas S. Diekema, Mithya Lewis-Newby, Parental Refusals of Blood Transfusions from COVID-19 Vaccinated Donors for Children Needing Cardiac Surgery, in Narrative Inquiry in Bioethics, XIII, 3, 2023, pp. 215-226.
[6] Cfr. Karin M. Durant, Ashlyn Whitesell, Kathy D. Dasse, A Review of Fetal Cell Lines Used During Drug Development: Focus on Covid-19 Vaccines, Transplant Medications, and Biologics, in American Journal of Health-System Pharmacy, LXXXI, 13, 2024, pp. 336-344.
[7] Cfr. Congregatio pro Doctrina Fidei, Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, 21 dicembre 2020, in Acta Apostolicae Sedis, CXIII, 1, 2021, pp. 92-95; Pontifica Academia pro Vita, Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti, 5 giugno 2005, in www.vatican.va.
[8] Cfr. Congregatio pro Doctrina Fidei, Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, cit., p. 93.
[9] Cfr. Angelo Licastro, Relazioni tra genitori e figli: il ruolo della libertà di religione e di coscienza, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Rivista telematica (www.statoechiese.it), 16, 2023, pp. 15-36.
[10] Sul punto, cfr. Maria d’Arienzo, Il minore come soggetto di diritto. Considerazioni introduttive, in Marco Croce, Antonio Gorgoni (a cura di), La tutela dei minori fra diritto e religione. Atti del Convegno di Firenze del 20 novembre 2023 nella Giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Nessun Dogma, Roma, 2024, p. 31 ss.
[11] Evidenzia sul punto Pierangela Floris, Appartenenza confessionale e diritti dei minori. Esperienze giudiziarie e modelli di intervento, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, VIII, 1, 2000, p. 194, che «una volta connesso al ruolo di genitore, anche il diritto alla libertà religiosa è destinato ad assumere una rilevanza mai piena e diretta, ma solo come parte o aspetto di quei diritti-doveri che fanno capo complessivamente al genitore, e che sono entrambi ‘vincolati’ nell’esercizio alla cura degli interessi/diritti della prole».
[12] Come rileva Antonio Guarino, Obiezione di coscienza e valori costituzionali, cit., p. 60, «[...] il problema diventa quello di stabilire se il ricorso alla conversione dell’obbligo giuridico valga ad armonizzare le forme di esercizio delle libertà costituzionali e gli specifici obblighi sanciti per l’adempimento dei doveri di solidarietà».