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Il 16 febbraio 2024 la Corte Suprema dell’Alabama ha statuito che gli embrioni vitrificati, ossia congelati durante il processo di fecondazione in vitro (IVF) e, quindi, collocati al di fuori del corpo umano, devono essere considerati come “extrauterine children” ai sensi dell’Alabama’s Wrongful Death of a Minor Act (1872), il quale ultimo consente ai genitori di un bambino deceduto di ottenere un risarcimento danni per la morte del figlio.
Il caso riguardava la distruzione di alcuni embrioni vitrificati, conservati in una sala criobiologica nel Center of Reproductive Medicine, P.C. (Center), struttura operante all’interno dell’ospedale Mobile Infirmary Medical Center, ad opera di un paziente degente in tale ospedale. Il soggetto era riuscito ad accedere al centro di fertilità attraverso un’entrata non controllata e, una volta giunto nella sala criobiologica, aveva rimosso dalle apposite vasche una serie di embrioni. Tuttavia, la temperatura estremamente bassa alla quale gli embrioni devono essere sottoposti per poter essere correttamente conservati bruciava le mani del paziente, al quale sfuggiva la presa degli embrioni provocandone la caduta sul pavimento e la conseguente distruzione.
I ricorrenti lamentavano quindi la responsabilità del Center e dell’Associazione proprietaria dell’Ospedale e del Center stesso, la Mobily Infirmary Association, portando all’attenzione della Corte due richieste alternative: pronunciare l’applicazione dell’Alabama’s Wrongful Death of a Minor Act e, solo in subordine, laddove la Corte non avesse equiparato un embrione extra-uterino ad un bambino ma l’avesse invece qualificato come “proprietà”, accogliere le rivendicazioni di common law volte a denunciare la negligenza e l’imprudenza delle parti resistenti.
Il Wrongful Death of a Minor Act consente ai genitori di un bambino deceduto di ottenere un risarcimento danni quando la morte del minor child è causata dall’altrui atto illecito, omissione o negligenza. L’Act non definisce cosa si debba intendere con la parola “child” o “minor child” ma la Suprema Corte dell’Alabama, nel caso Mack v. Carmack 79 So. 3d 597 (Ala. 2011), aveva già precisato che un nascituro si qualifica come “minor child” ai sensi della predetta legge indipendentemente dalla sua possibilità di sopravvivenza al di fuori dell’utero materno e a prescindere dal suo stadio di sviluppo[1]. L’Alabama’s criminal-homicide laws, così come modificato dal Brody Act del 2006, qualifica espressamente il bambino non ancora nato come una persona, indipendentemente dalla sua “viability”, ossia dall’aver raggiunto un grado di sviluppo tale da consentirgli di vivere in condizioni normali al di fuori dell’utero materno. Allo stesso modo, l’Human Life Protection Act, emanato nel 2019, definisce il nascituro esattamente negli stessi termini in cui il Brody Act definisce una “persona”, ossia un essere vivente, incluso il bambino non ancora nato nell’utero materno, qualsiasi sia il suo grado di sviluppo e a prescindere dalla sua viability.
La questione oggetto del parere in commento riguardava, quindi, la possibilità di qualificare agli stessi sensi embrioni collocati al di fuori dell’utero materno, in quanto in attesa di essere impiantati all’interno dello stesso, secondo la nota procedura dell’IVF.
La Corte di prime cure aveva rigettato le richieste attoree, negando che gli embrioni crioconservati potessero essere inclusi nella definizione di “persona” o di “bambino”. La Corte Suprema dell’Alabama ha invece statuito che il Wrongful Death of a Minor Act trova applicazione nei confronti di qualsiasi nascituro, senza alcuna eccezione. La Corte ha fondato la propria opinione sull’interpretazione testuale dell’espressione “child” contenuta nella legge, avendo riguardo al senso comune della parola e richiamando, a tal fine, una serie di definizioni contenute in diversi dizionari, compresi alcuni risalenti alla stessa epoca di emanazione del Wrongful Death of a Minor Act. Nessuna ambiguità, quindi, in relazione al significato da attribuire alla parola “child”, che include necessariamente anche embrioni collocati al di fuori del corpo della madre.
In seconda battuta, la Corte prosegue affermando che, seppure la parola “child” dovesse presentare dei margini di ambiguità, in ogni caso quest’ultima si troverebbe ad essere risolta dalla Costituzione dell’Alabama la quale, all’articolo I, § 36.06(b), «riconosce, dichiara e afferma che rientra nell’ordine pubblico di questo Stato garantire la protezione dei diritti del nascituro in tutti i modi e attraverso misure lecite e appropriate». Secondo la Corte tale Sezione della Costituzione, intitolata “Sanctity of Unborn Life”, opera come un canone ermeneutico costituzionalmente imposto, il quale si indirizza alle corti permettendo loro di interpretare statuizioni ambigue in una maniera tale da garantire la protezione dei diritti dei nascituri in modo eguale ai diritti garantiti ai bambini effettivamente nati.
Nella sua specially concurring opinion, il Presidente della Corte Suprema dell’Alabama, Tom Parker, ha fornito la sua personale e diversa motivazione alla decisione adottata dalla maggioranza, concentrandosi particolarmente sul significato di “santità”, contenuto nella Costituzione ma lì non specificamente definito. Egli ha sostenuto che tale termine, lungi dall’essere equiparabile a quello secolare di “inviolabilità”, è invece espressione della volontà del Popolo dell’Alabama di riconoscere la vita umana come sacra in quanto dono di Dio, coerentemente a quanto affermato nel preambolo, in cui si invoca il favore e la guida di Dio Onnipotente. In quanto dono di Dio, la vita è un diritto inerente a qualsiasi individuo e reca con sé il conseguente principio generale per cui non può essere volontariamente strappata senza giusta ragione. Il Presidente effettua ampi richiami al libro della Genesi, a Tommaso D’Aquino e a Calvino, al fine di sostenere che il principio in questione ha radici profonde, che risalgono alla creazione dell’uomo “a immagine e somiglianza di Dio”. L’essere umano si distingue da ogni altra cosa creata da Dio in quanto reca con sé la sua immagine, possiede un’attitudine naturale per comprendere e amare Dio, imitandolo al massimo quanto al fatto che Dio conosce e ama sé stesso. Pertanto, la creazione dell’uomo a immagine di Dio dirige l’uomo verso il suo fine ultimo, che è quello di conoscerlo e amarlo. Conseguentemente, uccidere un uomo equivale a deturpare e a distruggere l’immagine di Dio, recando un danno anche e soprattutto a quest’ultimo, oltre che alla vittima.
Secondo il Presidente, la sopraesposta visione teleologica della santità della vita, adottata dal Popolo dell’Alabama, vale per la vita umana dei nascituri non meno di quanto vale per tutte le altre vite umane, in quanto anche prima della nascita e a prescindere dalla collocazione del nascituro, tutti gli esseri umani recano l’immagine di Dio e le loro vite non possono essere distrutte senza cancellare la sua gloria.
Inoltre, poiché, secondo il Presidente, il § 36.06 rappresenta una dichiarazione costituzionale concernente l’ordine pubblico, essa ha l’effetto di circoscrivere la discrezionalità del legislatore per quanto concerne le scelte politiche relative a coloro che non sono ancora nati, per cui qualsiasi atto legislativo od esecutivo che contravviene alla santità della vita dei nascituri è potenzialmente soggetto ad una questione di legittimità costituzionale ai sensi della Costituzione dell’Alabama. Tutte e tre le funzioni pubbliche sono soggette al mandato costituzionale di trattare ogni vita che deve ancora nascere con rispetto e riverenza in quanto immagine di Dio e qualsiasi eccezione, seppur piccola, a questo imperativo, sarebbe inaccettabile per il popolo dello Stato dell’Alabama.
BRIGITTA MARIECLAIRE CATALANO
[1] Il Wrongful Death of a Minor Act sopperiva ad un «defect of the common law» in base al quale la possibilità di far valere in giudizio un illecito o un danno alla persona moriva insieme alla persona offesa, ai sensi della massima “actio personalis moritur cum persona”.