NEWSSANTA SEDE L’impegno della Santa Sede per la Palestina (Marco Spina)
Quaderno monografico n. 2STEFANO TESTA BAPPENHEIM Lavoro anch’io? No, tu no! Discriminazioni religiose in ambito lavorativo nel diritto austriaco.
(10 agosto 2025)
Certamente la questione della presenza dei crocifissi negli edifici pubblici in Germania, e segnatamente nelle scuole, potrebbe essere utilizzata come fenotipo concreto della teoria di Nietzsche sull’“ewige Wiederkunft”, l’eterno ritorno: sono ormai trascorsi trent’anni dalla sentenza del 1995 del Tribunale costituzionale federale tedesco (Bundesverfassungsgericht, BVerfG) sui crocifissi nelle scuole di primo grado della Baviera[1], eppure il tema continua ad appassionare, ad essere controverso e dibattuto[2].
A differenza della Francia, ove la laïcité è espressamente prevista dall’articolo 1 della Costituzione francese del 4 ottobre 1958[3], che conferma il XIII comma del preambolo della Costituzione del 27 ottobre 1946[4], in Germania ad avere valore costituzionale è la neutralità religiosa dello Stato[5].
Dopo la sentenza del 16 maggio 1995 del Tribunale costituzionale federale tedesco, quella del I agosto 1997 del Tribunale costituzionale della Baviera[6], quella del 21 aprile 1999 del Tribunale amministrativo federale[7], quella della Grande Chambre della CEDU[8], quella del primo giugno 2022 del Tribunale amministrativo della Baviera[9], quella del 19 dicembre 2023 del Tribunale amministrativo federale[10], ecco da ultima, almeno per il momento, la sentenza dell’8 luglio 2025 del Tribunale amministrativo della Baviera, che bypassa expressis verbis la sentenza Lautsi, ponendosi in continuità con quanto affermato già nel 1995 da Karlsruhe[11].
Nel caso in questione, è stato adito il Tribunale amministrativo di Baviera da due ex allieve d’un Gymnasium statale inaugurato nel 1998 (quindi già dopo la sentenza del 1995), ove all’ingresso principale è stata posta una croce, in legno, alta circa un metro e mezzo e larga circa 50 cm, con un’effige di Cristo crocifisso (di circa 30 cm per 25), collocata in una posizione tale che sia impossibile non vederla, sia entrando nell’edificio, sia dal piano superiore dello stesso.
Durante il periodo delle lezioni, inoltre, per tre volte l’anno viene celebrata a scuola una funzione religiosa: all’inizio ed alla fine dell’anno scolastico, ed a Natale: la partecipazione è facoltativa, ma per chi non voglia prendervi parte sono previste lezioni alternative obbligatorie, comprendenti, tra l’altro, argomenti generali di etica.
Nel settembre 2015 i genitori delle ricorrenti, all’epoca minorenni, protestarono contro la presenza di crocifissi nelle aule, contro il crocifisso gigante all’ingresso della scuola e contro le lezioni obbligatorie alternative alle tre funzioni religiose annue; i crocifissi vennero tolti dalle aule - non da tutte ma solo da quelle in cui studiavano i figli di chi aveva protestato -, ma non venne rimosso il crocifisso all’entrata della scuola, né vennero abolite le lezioni sostitutive obbligatorie, con la giustificazione della parità di trattamento.
Conseguito il diploma nel 2019, le ricorrenti adivano stavolta in prima persona il Tribunale amministrativo di primo grado di Monaco di Baviera chiedendo nuovamente la rimozione del crocifisso all’ingresso ed una declaratoria d’illegittimità costituzionale per l’obbligatorietà della partecipazione alle lezioni alternative alle funzioni religiose.
Il Tribunale, però, con sentenza del 29 settembre 2020 respingeva le istanze: sia per difetto di legittimazione attiva (in quanto ormai le studentesse non frequentavano più la scuola), sia nel merito: le lezioni alternative obbligatorie non riguardavano tematiche religiose, perciò non era stata violata la libertà religiosa di nessuno; la presenza del crocifisso all’ingresso della scuola, trovandosi in un luogo di passaggio, poteva avere al massimo un’influenza molto fugace, che rientrava nel limite di tolleranza.
Il ricorso del 2025 dinanzi al Tribunale amministrativo d’appello ha, però, esito ben diverso: il BayVwGH ritiene che, trattandosi d’interessi riferibili alla sfera religiosa o ideologica delle ricorrenti, vada applicata la giurisprudenza del Tribunale costituzionale federale, secondo la quale anche dopo il completamento d’un corso scolastico di studi sussiste ancora un interesse degno di protezione - particolarmente sensibile dal punto di vista costituzionale - nell’accertamento giudiziario di un’eventuale violazione dei diritti fondamentali avvenuta durante l’anno scolastico[12].
Riguardo al petitum sull’obbligatorietà delle lezioni alternative, la sentenza ne riconosce la piena legittimità: sulla base della legge bavarese sull’istruzione scolastica, infatti, tutti gli studenti hanno l’obbligo di partecipare regolarmente alle lezioni ed agli altri eventi scolastici obbligatori[13].
Su questa base, dunque le funzioni religiose sono senz’altro classificabili come ‘altro evento scolastico’ durante i giorni di lezione, come parimenti le attività alternative predisposte per coloro che non intendono frequentare le funzioni[14], sicché i diritti costituzionali delle ricorrenti non sono stati violati dall’obbligo di partecipare alle attività alternative predisposte[15].
Per quanto riguarda invece l’esposizione del crocifisso nell’atrio della scuola, il Tribunale amministrativo d’appello, contrariamente all’opinione delle ricorrenti, ritiene che il diritto alla rimozione del crocifisso non derivi ex art. 7 comma 4 della legge bavarese sull’istruzione scolastica (BayEUG), ma ex art. 1004 comma 1 par. 1 BGB, in combinato disposto con l’art. 4comma 1 Cost. (Grundgesetz, GG)
L’art. 7 comma 4 parr. 1 e 2 della legge bavarese sull’istruzione, infatti, prevede che, in considerazione dell’impronta storica e culturale della Baviera, una croce debba essere apposta in ogni classe della scuola dell’obbligo per esprimere la volontà di realizzare gli altissimi obiettivi educativi della Costituzione sulla base dei valori cristiani e occidentali e nel rispetto della libertà di credo. Se l’esposizione di una croce venisse contestata dai genitori per seri motivi religiosi o ideologici, il preside tenterà di trovare una soluzione soddisfacente per tutti (ex art. 7 comma 4 par. 3 BayEUG), ma, se invece non si riesce a raggiungere un accordo, il preside, dopo aver informato lo Schulamt, deve trovare una soluzione per il singolo caso che rispetti la libertà di religione dell'opponente e che garantisca un giusto equilibrio tra le convinzioni religiose e ideologiche di tutti i soggetti interessati nella classe; in tal modo, si terrà conto, per quanto possibile, anche della volontà della maggioranza (ex art. 7 comma 4 par. 4 BayEUG)[16].
Secondo la sua formulazione letterale, però, l’art. 7 comma 4 si riferisce esclusivamente alle croci apposte nelle aule delle scuole di primo e di secondo grado d’istruzione e dei centri di sostegno, attraverso le disposizioni di riferimento di cui all’art. 7a comma 6 e dell’art. 19 comma 4; per quanto riguardi il caso de quo, perciò, non vi sono normative che dispongano l’uso di simboli cristiani, ex art. 135 della Costituzione bavarese.
La rimozione del crocifisso oggetto della controversia, perciò, potrebbe piuttosto essere basata sull’art. 1004 comma 1 par. 1 BGB, secondo cui la persona che vedesse violati i propri diritti da un’azione della Pubblica Amministrazione potrà chiedere che l’Amministrazione stessa annulli le conseguenze dirette e continue del proprio atto illegale[17].
Il Tribunale amministrativo d’appello di Monaco, infatti, accoglie la tesi delle ricorrenti.
Il Tribunale amministrativo d’appello non ha dubbi sul fatto che il crocifisso all’ingresso principale della scuola sia un simbolo religioso della fede cristiana; a causa delle sue dimensioni, della sua collocazione nell’edificio scolastico e delle dimensioni dell’effigie del Cristo crocifisso che non può essere ridotto a un semplice simbolo della cultura occidentale.
Nonostante la Germania abbia aderito alla CEDU[18], il Tribunale Amministrativo d’appello bavarese non ritiene applicabile la sentenza Lautsi[19], e riprende invece quasi alla lettera gli argomenti della sentenza del 1995 di Karlsruhe, ribadendo le conclusioni di quella sentenza[20].
Secondo la decisione del Tribunale costituzionale federale del 16 maggio 1995, infatti, la croce appartiene ai simboli di fede specifici del Cristianesimo ed è anzi quasi il suo simbolo per antonomasia: simboleggia la redenzione dell’uomo dal peccato originale compiuto nella morte sacrificale di Cristo, ma allo stesso tempo anche la vittoria di Cristo su Satana e la morte e il suo dominio sul mondo, la sofferenza ed al contempo il trionfo. Secondo le conclusioni del 1995 del Tribunale costituzionale federale, dunque, è oggetto di venerazione in molti modi per il cristiano credente, e la presenza in una casa, un negozio o un ufficio d’una croce dev’essere visto come fenotipo della fede cristiana del titolare. Per i non cristiani o gli atei, proprio a causa del significato che il Cristianesimo le ha attribuito e che ha avuto nella storia, la croce diventa l’espressione simbolica di alcune convinzioni religiose e della loro diffusione missionaria. Sarebbe una profanazione della croce contraria all’immagine del Cristianesimo in se ipso e delle Chiese cristiane se si volesse considerarla come una semplice espressione della tradizione occidentale o come un segno di culto senza specifico riferimento alla fede[21].
E’ vero anzi il contrario, dicono i giudici di Monaco di Baviera, e proprio per questo il confronto forzato, ricorrente ed inevitabile con il crocifisso posto nell’ingresso principale del Gymnasium rappresenta un’ingerenza nella libertà di credo negativa degli studenti garantita dall’art. 4 comma 1 GG: questa disposizione costituzionale, infatti, lascia all’individuo di decidere quali simboli religiosi riconoscere e adorare, e quali invece rifiutare.
In una società che dà spazio a diverse convinzioni di fede, ovviamente, non si può rivendicare un diritto ad essere risparmiati dall’incontro e dal confronto con simboli di religioni diverse dalla propria[22], ma ben diverso è il caso d’un edificio pubblico, nel quale l’individuo sia esposto senza possibilità d’evasione ai simboli d’una determinata fede, ed all’influenza che con questo tramite essa esercita su di loro.
Questo distingue, precisa il Tribunale amministrativo d’appello, la presenza di croci nelle scuole dal confronto frequente nella vita di tutti i giorni con simboli religiosi di varie religioni: ciò, in primis, non dipende dallo Stato, ma è una conseguenza della diffusione di diverse convinzioni religiose nella società[23], come pure, in secundis, non ha lo stesso grado di ineluttabilità: se un individuo incontra simboli religiosi in strada o sulle persone, di solito si tratta di un incontro fugace e, anche in caso di confronto prolungato, non si basa su una coercizione che, se necessario, può essere imposta con sanzioni.
I giudici di Monaco di Baviera ribadiscono che le conclusioni del 1995 del Tribunale costituzionale federale sono trasferibili al caso del crocifisso posto, per decisione del preside, all’ingresso principale della scuola, facendo sì che le ricorrenti siano state esposte a questo crocifisso in forma obbligatoria e ripetuta: il crocifisso de quo non è posto in un angolo poco appariscente, bensì in una posizione che ne assicura la massima visibilità, ossia sul pilastro di supporto laterale della scala principale della scuola.
Chi entra nella scuola attraverso l’ingresso principale si trova inevitabilmente di fronte al crocifisso, che è anche collocato in modo da essere percepito dal maggior numero possibile di studenti e dal maggior numero possibile di punti di vista, comprese l’area della ricreazione e l’area del bar interno.
Inoltre, dice il Tribunale amministrativo bavarese d’appello, continuando a riprendere le conclusioni della sentenza del 1995 di Karlsruhe, v’è anche un’ingerenza nella libertà di credo delle ricorrenti protetta dall’art. 4 comma 1 GG, perché al crocifisso oggetto della controversia non può essere negato un effetto missionario, ovvero una preferenza per la fede cristiana e quindi la sua collocazione all’ingresso della scuola ha violato l’imperativo di neutralità statale, che trova la sua base, tra l’altro, nello stesso art. 4 comma 1 GG.
I giudici amministrativi d’appello continuano dichiarando di non condividere le conclusioni della Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo la quale la croce è sì un simbolo religioso, ma silenzioso e passivo, quindi privo d’influenza religiosa e che perciò non violerebbe il principio di neutralità dello Stato; essi proseguono affermando di condividere invece la sentenza del 2015 del Tribunale costituzionale federale[24], secondo cui la presenza di una croce nelle aule include un’identificazione dello Stato con la fede cristiana, da cui deriva un effetto missionario del crocifisso contestato: è vero che questa sentenza si riferisce alle croci presenti nelle aule, ma il Bayerischer Verwaltungsgerichthof ritiene che quelle conclusioni valgano anche per il caso in questione.
La sentenza dell’8 luglio 2025 spiega poi perché non sia qui applicabile la sentenza del 19 dicembre 2023 del Tribunale amministrativo federale, ov’era stato giudicato pienamente legittimo il recente regolamento della Baviera che prescriveva l’apposizione d’una croce ben visibile in ogni ufficio pubblico, qualificandola al contempo come solo un’espressione dell’impronta storica e culturale della Baviera, senza violare la libertà di credo di nessuno: in primis, dunque, oggi come oggi non è più generalmente indispensabile andare di persona in un ufficio pubblico per sbrigare una pratica amministrativa, potendo agire per telefono, via internet o delegando qualcun altro, quindi chi va in un ufficio pubblico sceglie volontariamente d’esporsi alla vista del crocifisso recentemente collocato ovunque, mentre ci si deve recare necessariamente recare di persona a scuola, sottoponendosi così obbligatoriamente alla vista del crocifisso posto all’ingresso; ad ogni modo, in secundis, anche qualora si fosse obbligati per qualche ragione a recarsi personalmente in un ufficio pubblico, subendo perciò obtorto collo la visione del simbolo religioso non condiviso, si tratterebbe in ogni caso d’un’esposizione temporanea e fugace, quindi sostanzialmente ininfluente, mentre invece la frequenza a scuola comporta un’esposizione permanente, costante e continua per l’intero anno scolastico; in tertiis, poi, a rivolgersi agli uffici pubblici sono in linea di massima le persone adulte, o perlomeno maggiorenni, mentre a frequentare la scuola superiore con il crocifisso all’ingresso sono ancora dei ragazzi giovani, più facilmente influenzabili dalla vista continua ed obbligata del crocifisso posto all’ingresso, che quindi può svolgere una funzione d’indottrinamento e proselitismo.
Certamente, affermano infine i giudici del Tribunale amministrativo d’appello di Monaco di Baviera, anche se il diritto fondamentale alla libertà di credo è in linea di principio garantito senza riserve dall’art. 4 comma 1 GG, ciò non significa che non siano possibili restrizioni, tuttavia esse debbono essere a loro volta basate sul GG, sicché il conflitto fra diritti costituzionali di diverse persone dev’essere risolto secondo il principio della concordanza pratica, ciò che richiede il massimo rispetto del requisito della tolleranza: come già affermato dalla sentenza del 1995, infatti, oltre alla libertà di credo positiva di altri studenti, dev’essere preso in considerazione come diritto costituzionale anche la missione educativa dello Stato, ex art. 7 comma 1 GG.
Di conseguenza, il necessario equilibrio con la libertà religiosa negativa non richiede di rinunciare completamente ai riferimenti religiosi nell’adempimento del compito educativo di cui all’art. 7 comma 1 GG, poiché le convinzioni e gli atteggiamenti di valore mediati culturalmente e storicamente radicati, su cui si basa, tra l’altro, la coesione sociale, così come l’eccezionale rilevanza storico-sociale della fede cristiana e delle chiese cristiane in Germania[25] e più in generale in Occidente[26], non possono né debbono restare indifferenti allo Stato, che deve tenere conto anche della libertà religiosa di quei genitori e dei rispettivi figli che desiderino un’educazione religiosa.
In una società pluralista, tuttavia, è complesso tenere pienamente conto di tutte le idee educative, in particolare il lato negativo e positivo della libertà religiosa richiedono grande attenzione per essere attuati in modo inclusivo nella stessa istituzione, e poiché a questo proposito sono interessate aree particolarmente sensibili dei diritti fondamentali e questioni essenziali dell’organizzazione scolastica, il prerequisito fondamentale per l’apposizione di un crocifisso in una scuola è una legge che regoli la tensione innescata attraverso una concordanza pratica, con un adeguato bilanciamento dei diversi diritti costituzionali da tutelare, come peraltro già affermato dal Tribunale costituzionale federale[27].
Non è quindi ammissibile che la presenza del crocifisso all’ingresso della scuola sia disposta da un atto amministrativo come una disposizione regolamentare del Preside, né può essere invocata la legge bavarese sull’istruzione scolastica, che ordina la presenza dei crocifissi nelle aule delle sole scuole di primo e si secondo grado, sicché non può essere applicata per analogia al caso in questione, che riguarda una scuola superiore, perché trattandosi di disposizioni che limitano i diritti fondamentali costituzionali non è ammessa un’interpretazione estensiva.
Il Tribunale amministrativo d’appello, dunque, non esclude in linea assoluta e generale la possibilità in se ipsa che venga posto un crocifisso anche nelle scuole superiori, precisando però che una disposizione del genere debba avere la forza normativa d’una legge, e non già solo d’un atto amministrativo, giacché solo un atto promulgato da un Parlamento che incarni e rappresenti la sovranità del popolo, dal popolo, per il popolo, avrebbe la forza di definire in maniera vincolante un punto d’equilibrio fra diritti fondamentali costituzionali in conflitto, a dimostrazione del fatto che “…sarebbe molto semplice dire che politica e religione procedono su piani diversi, che è meglio tenerle separate. Così in effetti non è, perché entrambe si occupano della vita dell’uomo, in modo immanente l’una, trascendente l’altra, rispondendo cioè a due diverse esigenze”[28].
Stefano Testa Bappenheim
[1] BVerfG, 16 maggio 1995, n. 1 BvR 1087/91, in BVerfGE 93, 1 ss.
[2] F. FERRARI, Another Brick in the Wall? Il difficile dialogo costituzionale con l’immagine del Cristo crocifisso, in Rivista AIC, 1/2018.
[3] V. M. D’ARIENZO, La “religione della laicità” nella Costituzione francese, in P. BECCHI – V. PACILLO, Sull’invocazione a Dio nella Costituzione federale e nelle Carte fondamentali europee, Lugano, 2013, pp. 139 ss.; EADEM, La laicità francese: “aperta”, “positiva” o “im-positiva”?, in statoechiese.it, 2011, https://www.statoechiese.it/images/uploads/articoli_pdf/maria_darienzo_la_laicit_francese.pdf; P. VALDRINI, Il principio di laicità nel diritto francese. Neutralità dello Stato e libertà dei cittadini, in Eph., 2015, pp. 39 ss.
[4] V. la modifica apportata dall’art. 8 della l. cost. 4 agosto 1995, n. 880, in JO, 5 agosto 1995, n. 181, 11744.
[5] BVerfG, 14 dicembre 1965, in BVerfGE, 19, pp. 206 ss. V. anche BVerfG, 8 novembre 1960, ivi, 12, pp. 1 ss.; BVerfG, 17 febbraio 1965, ivi, 18, pp. 385 ss.; BVerfG, 28 aprile 1965, ivi, 19, pp. 1 ss.; BVerfG, 16 ottobre 1968, ivi, 24, pp. 236 ss.; BVerfG, 31 marzo 1971, ivi, pp. 98 ss.; BVerfG, 21 settembre 1976, ivi, 42, pp. 312 ss.; BVerfG, 8 febbraio 1977, ivi, 74, pp. 244 ss.; BVerfG, 16 dicembre 1992, ivi, 88, pp. 40 ss.; BVerfG, 19 dicembre 2000, ivi, 102, pp. 370 ss.
[6] In NJW, 1997, pp. 3162 ss.
[7] In NJW, 1999, pp. 3063 ss.
[8] Sentenza del 18 marzo 2011, n. 30814/06, v. P. CONSORTI, La battaglia per la libertà religiosa nel “dialogo fra Corti” e la funzione dei “margini di apprezzamento”, in M. D’ARIENZO (a cura di), Il diritto come “scienza di mezzo”. Studî in onore di Mario Tedeschi, I, Cosenza, 2018, pp. 607 ss.; A. FUCCILLO, Il crocifisso tra valori civili e laicità dello Stato, in D&G, 2006, pp. 73 ss.
[9] Sentenza n. 5 B 22.674.
[10] Sentenza n. 10 C 5.22.
[11] BayVwGH, sentenza dell’8 luglio 2025, n. 7 BV 21.336.
[12] BVerfG, sentenza del 17 dicembre 1975, n. 1 BvR 63/68, in BVerfGE, 41, pp. 29 ss.; sentenza del 16 ottobre 1979, n. 1 BvR 647/70, n. 36, ivi, 52, pp. 223 ss; sentenza del 16 maggio 1995, n. 1 BvR 1087/91, cit.
[13] BayEuG, art. 56 comma 4 par. 3.
[14] BayEuG, art. 30 comma 3 par. 2.
[15] V. P. LO IACONO, Neutralità della scuola pubblica e divieto di pregare: riflessioni sulla laicità e sul laicismo, in Dir. Fam. Pers., 2018, pp. 4 ss.
[16] V. S. CECCANTI, E se la Corte andasse in Baviera?, in AA.VV., La laicità crocifissa, Torino, 2004, pp. 21 ss.; F. FEDE – S. TESTA BAPPENHEIM, Dalla laïcité di Parigi alla nominatio Dei di Berlino, passando per Roma, Milano, 2007.
[17] BVerwG, sentenza del 19 dicembre 2023, n. 10 C 5.22.
[18] Adesione il 13 luglio 1950, entrata in vigore il 7 agosto 1952, in BGBl 14, del 22 agosto 1952, pp. 685 ss., in https://www.bgbl.de/xaver/bgbl/start.xav?startbk=Bundesanzeiger_BGBl&jumpTo=bgbl252s0685.pdf#/text/bgbl252s0685.pdf?_ts=1754239635043
[19] M. PARISI, Simboli e comportamenti religiosi all’esame degli organi di Strasburgo, in DFP, 2006, pp. 1415 ss.
[20] Sui rapporti fra CEDU e ordinamenti nazionali, v. A. FERRARI, La laicità importuna: laicità costituzionale e libertà religiosa, in statoechiese.it, 2023, https://riviste.unimi.it/index.php/statoechiese/article/view/20030/17830; N. MARCHEI, La libertà religiosa nella giurisprudenza delle Corti europee, ivi, 2019, https://riviste.unimi.it/index.php/statoechiese/article/view/12847/12069; M. CROCE, La decisione CEDU Lautsi c. Italia e la sua influenza come precedente nelle decisioni interne successive, ivi, 2019, https://tinyurl.com/2tj9kmss; T.E. FROSINI, Sui rapporti fra la Corte EDU e la Costituzione italiana, in Rass. Parl., 2010, pp. 351 ss.
[21] V. BVerfG, sentenza del 16 maggio 1995, n. 1 BvR 1087/91; assumendo anche il significato religioso della croce BayVwGH, sentenza del I giugno 2022, n. 5 B 22.674; CEDU, Grande Chambre, sentenza del 18 marzo 2011, n. 30814/06.
[22] V. M. FERRANTE, Diritto, religione e cultura: verso una laicità inclusiva, in Dir. Eccl., 2016, pp. 425 ss.
[23] V. M. D’ARIENZO, Le sfide della multiculturalità e la dimensione religiosa, in AA.VV., Diritto e pluralismo culturale. I mille volti della convivenza, Napoli, 2015, pp. 45 ss.
[24] BVerfG, sentenza del 27 gennaio 2015, n. 1 BvR 471/10.
[25] S. TESTA BAPPENHEIM, Cenni sulla costituzionalizzazione delle radici cristiane in Germania, in IE, 2006, pp. 755 ss.; ID., Il “Dio della fede” ed il “Dio dei filosofi” nel codice penale tedesco, in G. LEZIROLI (a cura di), La Carta e la Corte. La tutela penale del fatto religioso fra normativa costituzionale e diritto vivente, Cosenza, 2009, pp. 277 ss.; ID., ‘Veluti si Deus Daretur’: Dio nell’ordinamento costituzionale tedesco, in J.I. ARRIETA (a cura di), Ius divinum, Venezia, 2010, pp. 253 ss.
[26] V. O. FUMAGALLI CARULLI, Costituzione europea, radici cristiane e Chiese, in Jus, 2003, pp. 129 ss.
[27] BVerfG, sentenza del 16 maggio 1995, cit., n. 54; BVerfG, sentenza del 24 settembre 2003, cit., nn. 67-69.
[28] M. TEDESCHI, Politica, religione e diritto ecclesiastico, in Dir. fam. pers., 1996, p. 1524.