NEWSSVIZZERA “Deus in machina”: l’intelligenza artificiale approda in confessionale (Francesco Salvatore Rea)
NEWSCITTA’ DEL VATICANO Le Linee guida in materia di intelligenza artificiale per lo Stato della Città del Vaticano del 16 dicembre 2024 (Fabio Balsamo)
(13 gennaio 2025)
I rapporti tra cattolici ed ebrei, dopo il tragico atto terroristico del 7 ottobre 2023 e l’escalation del conflitto in Medio Oriente, stanno diventando più difficili. Ultimo atto, per il momento, di una serie di dichiarazioni, che stanno rischiando di mettere in crisi anni preziosi in cui si è avuto, nel dialogo intra-familiare[1] tra cattolici ed ebrei, il lento passaggio dall’insegnamento del disprezzo (J. Isaac) a quello dell’insignificanza (R. Etchegaray) e dell’ignoranza per poi, finalmente, approdare alla stima e alla collaborazione reciproca[2], è la lettera del Rabbino Eliezer Simcha Weisz, membro del Gran Rabbinato d’Israele, indirizzata a Papa Francesco e resa nota il 9 gennaio 2025[3]. Il 17 gennaio si celebra anche l’annuale Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei ed i Vescovi italiani, insieme ai Rabbini d’Italia, nel loro Messaggio annuale[4] non fanno mistero dei momenti di sospetto e incomprensioni che si stanno attraversando, un periodo di oggettivo raffreddamento delle relazioni, come affermato anche dal Rabbino Capo italiano Di Segni[5].
Nel novembre 2023 un gruppo di oltre quattrocento tra Rabbini e studiosi impegnati nel dialogo tra ebrei e cristiani avevano indirizzato una lettera aperta[6] a Papa Francesco come espressione di fiducia nella forte amicizia con i cattolici, invocando il conforto della Chiesa cattolica dopo l’attacco di Hamas ad Israele», specificando: «Comprendiamo che la Chiesa cerchi di mantenere, in base a considerazioni diplomatiche, una neutralità politica nella guerra in Medio Oriente nella quale molti poteri sono coinvolti». Tuttavia, concludeva la lettera, «chiediamo che la Chiesa ora si distingua come un faro di morale e di chiarezza concettuale nel mare di disinformazione e distorsione della realtà, distinguendo tra le legittime critiche alle politiche di Israele e l’abominevole negazione del diritto a esistere degli ebrei e di Israele. E soprattutto chiediamo ai nostri fratelli cattolici di stendere una mano in solidarietà alle comunità ebraiche di tutto il mondo nello spirito di una genuina fratellanza con il popolo dell’Alleanza».
In occasione degli incontri di Francesco con i parenti degli ostaggi rapiti da Hamas[7] e con i parenti di palestinesi prigionieri in Israele[8], il Consiglio dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia[9] e la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane[10] avevano criticato il discorso e le modalità di gestione degli incontri pontifici, affermando che fossero stati messi sullo stesso piano innocenti e aggressori. Poca efficacia distensiva era stata prodotta dalla dichiarazione chiarificatrice del Presidente della C.E.I. Matteo Zuppi: «Il Papa è attento e guardate che questo non è mettere tutti sullo stesso piano, il 7 ottobre è stata una tragedia, punto e basta. È stata una tragedia. […]. Poi c’è quello che sta succedendo a Gaza, perché il Papa chiede il cessate il fuoco? Perché c’è una sofferenza terribile, e guardando lontano mi sembra che spinga per un’altra soluzione perché si combatta davvero il terrorismo, togliendo tutto ciò che per certi versi paradossalmente lo può giustificare. […] Questa è la posizione del Papa e non è che non capisce le motivazioni del governo israeliano»[11], ma si impegna perché prevalga su tutti il desiderio della pace. Dopo poco, però, lo stesso gruppo di studiosi che già si era rivolto a Francesco, scriveva[12] nuovamente al Pontefice mostrando apprezzamento per lo sforzo della Chiesa nel tendere la mano agli ebrei di tutto il mondo e, in particolare, a quelli di Israele: «Stiamo vivendo un momento storico che richiede perseveranza, speranza e coraggio. Il potere trasformativo di Nostra Aetate è per noi un’ispirazione, poiché dimostra che la fratellanza può essere recuperata anche nel conflitto più difficile».
Particolare sconcerto nella comunità ebraica mondiale è stato determinato, invece, dalle espressioni riportate nel libro La speranza non delude mai, scritto da Papa Francesco insieme al giornalista argentino Hernán Reyes Alcaide e pubblicato da Piemme, in cui si afferma, in merito all’operazione militare israeliana, che bisognerebbe «indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica di genocidio formulata da giuristi e organismi internazionali»[13]. L’Ambasciata israeliana presso la Santa Sede aveva subito affermato in una nota: «Il 7 ottobre 2023 c’è stato un massacro genocida di cittadini israeliani e da allora Israele ha esercitato il proprio diritto di autodifesa contro i tentativi provenienti da sette diversi fronti di uccidere i suoi cittadini. Qualsiasi tentativo di chiamare questa autodifesa con qualsiasi altro nome significa isolare lo Stato ebraico»[14]; ed anche l’Assemblea Rabbinica Italiana aveva etichettato le affermazioni del Pontefice “molto pericolose”, specificando: «Le parole sono importanti e bisogna stare molto attenti a come usarle soprattutto se si svolge un ruolo di guida religiosa […]. L’invocazione alla pace ci accomuna ma il modo peggiore di perseguire la pace è considerare le colpe in modo unilaterale e trasformare gli aggrediti in aggressori o addirittura in vendicatori sanguinari. Siamo sicuri che Papa Francesco non avesse queste intenzioni, siamo sicuri che le sue parole derivino da una genuina preoccupazione per la guerra in atto. Riteniamo però che per perseguire la pace sia necessario adottare un ‘altra prospettiva, preoccupandosi di tutte le vittime»[15]. Da altra parte, invece, la storica Anna Foa, affermava: «Il mondo ebraico non accetterà benevolmente le parole del Papa, il premier israeliano Netanyahu ripeterà che il suo Paese è solo, sentiremo evocare per l’ennesima volta l’antico antigiudaismo cattolico che non passa […] Ma il pontefice non ha affermato che a Gaza è in corso un genocidio, ha detto parliamone, affrontiamolo»[16]; ed anche la giudice Silvana Arbia, già procuratrice presso il Tribunale Onu del Ruanda e già cancelliera della Corte penale internazionale (Cpi), precisava: «Ringrazio il Papa, sentitamente, per l’alto richiamo che ha rivolto alla comunità internazionale. Io sono d’accordo con lui. Ogni Stato su questa Terra ha l’obbligo, ripeto l’obbligo non solo di perseguire e punire il genocidio, ma anche di prevenire questo crimine internazionale gravissimo. Sono norme imperative inderogabili che la comunità internazionale ha adottato per garantire pace e sicurezza mondiale, ed evitare che orribili tragedie consumate durante la Seconda guerra mondiale potessero ripetersi. Purtroppo, assistiamo ad una crescente violazione di quelle regole, stiamo distruggendo l’intero sistema a difesa dei popoli, cioè di noi stessi. Disconoscere l’autorità Onu e le sue istituzioni comporta seri rischi che riguardano noi tutti»[17].
Posizioni autorevoli e discordanti che rendono palese la difficoltà e la tensione del momento, acuite ulteriormente, a dicembre 2024, quando è apparso in Vaticano un presepe proveniente da Betlemme in cui il Bambin Gesù riposava in un drappo evocativo della kefiah palestinese[18].
La lettera del Rabbino Eliezer Simcha Weisz giunge dopo l’incontro del Pontefice con il rettore dell’Università delle Religioni e delle Denominazioni dell’Iran, Abolhassan Navab[19]. Le parole e le azioni di Papa Francesco su Israele, afferma il Rabbino, anche per la diffusione mondiale favorita dal digitale, «non sono semplicemente deludenti, ma rappresentano un pericolo storico» per le comunità ebraiche. L’atteggiamento del Pontefice viene ritenuto parziale, in quanto ha: «[…] ripetutamente tracciato una falsa equivalenza morale tra una nazione democratica che difende i propri cittadini e i terroristi che hanno perpetrato il più barbaro massacro di ebrei dopo la Shoah»[20].
Ed è proprio nell’affermazione del Rabbino che ritiene che l’azione di Francesco presterebbe «l’autorità papale al moderno antisemitismo»[21] che emergono le più forti preoccupazioni circa la tenuta delle relazioni tra cattolici ed ebrei.
É questo un punto ed un argomento su cui non devono esserci zone d’ombra.
Con la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate si è chiarito solennemente che «la Chiesa, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque»[22]. Combattere l’antisemitismo è un impegno per tutti i cattolici e Papa Francesco ha affermato, fin dall’inizio del pontificato «È una contraddizione che un cristiano sia antisemita. […] Un cristiano non può essere antisemita! L’antisemitismo sia bandito dal cuore e dalla vita di ogni uomo e di ogni donna!» [23].
Gli stessi Vescovi italiani, nel 2024, hanno sostenuto ed incoraggiato la traduzione in italiano del Documento della Conferenza Episcopale di Francia sul tema dell’antigiudaismo, dal titolo “Decostruire l’antigiudaismo cristiano” (edito da Castelvecchi), tra gli ultimi documenti del magistero a sottolineare con chiarezza l’inconciliabilità tra antisemitismo e cattolicesimo. Il volume, in linea con il percorso di memoria futuri portato avanti dall’insegnamento ecclesiale degli ultimi 60 anni, riconosce con coraggio che andare alle radici dell’antisemitismo significa, in sintesi, prendere consapevolezza che quel sottosuolo è stato troppo a lungo ricco di humus cristiano/cattolico e che si deve dare, consapevolmente, risposta affermativa alla domanda che Joseph Ratzinger poneva, chiedendosi se la pregiudizievole presentazione dei giudei e del popolo ebraico nell’insegnamento cristiano/cattolico non avesse alimentato quella ostilità che ha poi favorito l’ideologia di quanti hanno voluto sopprimerli[24]. Il cattolicesimo non è certamente tre i responsabili della Shoah, «sarebbe ingiusto e non veritiero addossare al cristianesimo questi crimini indicibili»[25], ma il pensiero cattolico, l’atteggiamento di molti cattolici e un particolare insegnamento ecclesiale[26] ne hanno offerto in passato un «contesto favorevole alla diffusione»[27].
Questo, appunto, è il passato delle relazioni tra cattolici ed ebrei ed in quell’arco temporale questa confusione deve restare!
Ogni fedele cattolico, aderendo a Cristo, diviene «discendenza di Abramo» (Gal 3, 29) e viene inserito nel popolo d’Israele. Di conseguenza, «se possiede questa forte convinzione, egli non potrà più accettare che gli ebrei in quanto ebrei siano disprezzati o, peggio, maltrattati»[28], dovendo condannare, di principio, ogni forma e tutte le forme di antisemitismo, e specialmente quello di matrice religiosa e quello razziale, naturalmente e teologicamente inconciliabili con la religione cattolica. Nel caso di un antisemitismo di matrice religiosa cattolica, infatti, le radici ebraiche del cattolicesimo rendono profondamente contraddittorio che un fedele possa essere antisemita, in quanto oltraggerebbe sé stesso ed il proprio credo, assumendo opinioni, atteggiamenti o comportamenti profondamente contrari anche ai contenuti teologici della religione cattolica, fondata sulla intrinsecità della religione ebraica alla cattolica. Nella ipotesi di un antisemitismo razziale, poi, il costante insegnamento della Chiesa cattolica circa l’unità del genere umano, che ha radici veterotestamentarie nella comune discendenza da Adamo, rende ugualmente inconciliabile con la religione cattolica ogni posizione volta ad affermare la superiorità di un gruppo di esseri umani sugli altri.
E’ tristemente vero che dal 7 ottobre 2023 gli episodi di antisemitismo sono drasticamente aumentati in tutto il mondo[29]e la Chiesa cattolica, e tutti i fedeli cattolici, devono fare la loro parte attiva per opporsi fermamente ad ogni parola, azione o espressione antisemita, impegnandosi anche a sradicare dagli ambienti cattolici le residuali, ma sempre pericolose, manifestazioni di antisemitismo ed ogni incitamento all’odio contro gli ebrei e l’ebraismo, in sé contrari ai principi cristiani – e, perciò, da scongiurare – favorendo una cultura della prevenzione ed incarnando l’appello dei Vescovi francesi «a lottare energicamente contro ogni forma d’antisemitismo politico e religioso in se stessi e attorno a sé»[30]. Prendere una posizione chiara, denunciare e punire sono atti importanti e testimonianza del comune impegno di tutti gli agenti sociali – religioni comprese – contro ogni forma di antisemitismo. L’importanza di una legislazione di contrasto all’antisemitismo e la coscienza che la protezione assicurata potrebbe essere più simbolica che reale non deve far venire meno la considerazione che il ricorso alla sanzione penale «non può essere considerato un compito cui l’ordinamento debba sottrarsi o debba rinunciare, nonostante l’oggettiva difficoltà di superare tutti i problemi legati alla descrizione in termini sufficientemente determinati e tassativi dello stesso fatto tipico»[31].
É un impegno cardinale che impegna anche il diritto canonico.
Come ho cercato di dimostrare già[32], la condotta esterna antisemita, di matrice religiosa o razziale, realizzata da un cattolico può considerarsi un delitto per l’ordinamento canonico ed il riferimento normativo fondamentale per il contrasto all’antisemitismo – cattolico o razziale – nell’ordinamento ecclesiale è rinvenibile nel Titolo I della parte seconda del Libro VI del Codice di diritto canonico, specificamente nel can. 1368, così da intendersi il «delitto di antisemitismo» quale particolare espressione di comportamenti ingiuriosi, di incitamento all’odio o di disprezzo contro la religione realizzati pubblicamente tramite spettacoli, discorsi o prese di posizione, scritti divulgati o attraverso gli strumenti di comunicazione sociale. Alla luce dell’indissolubile legame tra Chiesa cattolica ed ebraismo e dei contenuti propri dell’insegnamento della religione cattolica in tema di rapporti con l’ebraismo, ritenendo ogni atto di antisemitismo compiuto da un fedele cattolico, di matrice religiosa non meno che razziale, una grave «negazione delle proprie origini, una contraddizione assoluta»[33] con la propria religione, un taglio al ramo su cui si è innestati, nel caso in cui tale comportamento integri gli elementi propri del delitto, ex can. 1321, e si realizzi nei modi previsti dal can. 1368, esso andrà perseguito e punito come stabilito dalla norma, quale delitto canonico di antisemitismo. Il magistero pontificio ha costantemente anche affermato la ratio peccati dell’antisemitismo, di cui dover anche rispondere in coscienza davanti a Dio. Giovanni Paolo II lo ha definito un «peccato contro Dio e contro l’umanità» (1990); Benedetto XVI lo ha indicato come «un peccato contro Dio» (2009) e Francesco ha elaborato la categoria di «peccato di antisemitismo» (2013 e 2024).
Su questo impegno concreto occorre che il dialogo tra cattolici ed ebrei venga rilanciato e allargato. Come ricordava il Card. C.M. Martini: «La posta in gioco non è semplicemente la maggiore o minore continuazione vitale di un dialogo, bensì l’acquisizione della coscienza, nei cristiani, dei loro legami con il gregge di Abramo e le conseguenze che ne deriveranno sul piano dottrinale, per la disciplina, la liturgia, la vita spirituale della Chiesa e addirittura per la sua missione nel mondo d’oggi»[34]. Infatti, come scrivono i Vescovi italiani per la Giornata annuale 2025 del Dialogo tra cattolici ed ebrei: «Su tale dialogo si gioca e si giocherà una partita tanto delicata quanto decisiva, anche per il futuro delle chiese cristiane»[35], per consolidare una comune e sempre più chiara posizione contro la discriminazione, resistendo alla «patologia»[36] dell’estremismo religioso e ritornando così ad innalzare gli «standard»[37] di rispetto, per estirpare definitivamente ogni forma religiosa di antisemitismo ancora attiva ed ogni pregiudizio, mai normali ed inoffensivi, ed anche così contribuire a far crescere la pace, esigenza che interpella tutti «e impone di perseguire progetti concreti»[38].
Camminando si è fatto il cammino nel dialogo tra cattolici ed ebrei, purificandosi dal «peccato originale» del millenario contrasto, e così «indifferenza e opposizione si sono mutate in collaborazione e benevolenza», da nemici ed estranei si è divenuti «amici e fratelli»[39]. Da questa pietra miliare occorre riprendere il percorso, ricordandosi che questo cammino passa, come la storia di ogni uomo o donna, per Auschwitz, per quell’evento unico ed imparagonabile della Shoah, conto con la coscienza dell’umanità, come si ricorda particolarmente ogni 27 gennaio.
Paolo Palumbo
Keywords: rapporti cattolici-ebrei, antisemitismo, guerra Medio Oriente, diritto canonico
[1] Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani-Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo, Perché i Doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rm 11,29). Riflessioni su questioni teologiche attinenti alle relazioni cattolico-ebraiche, in occasione del 50° anniversario di Nostra aetate (n. 4), 10 dicembre 2015, in ww.vatican.va, n. 20
[2] Ne ricostruisce il percorso, Paolo Palumbo, Inconciliabilità tra cattolicesimo e antisemitismo. Una prospettiva canonistica, in Quaderni di Diritto e politica ecclesiastica, 2, 2024, p. 683 ss.
[3]Reperibile in www.moked.it.
[4]Reperibile in www.unedi.chiesacattolica.it.
[5]Intervista rilasciata al Corriere della Sera, 20 novembre 2024.
[6]Una sintesi della lettera è reperibile in www.osservatoreromano.va.
[7] Ricevuti, come da comunicazione del Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, in data 22.11.2023
[8] Ricevuti, come da comunicazione del Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, in data 22.11.2023
[9] Reperibile in www.moked.it.
[10] Reperibile in www.moked.it.
[11] Reperibile in www.vaticannews.va.
[12] Reperibile in www.vaticannews.va.
[13] Reperibile in www.osservatoreromano.va.
[14] Reperibile in www.mosaico-cem.it.
[15] Reperibile in www.mosaico-cem.it.
[16] Reperibile in www.lastampa.it.
[17] Reperibile in www.lastampa.it.
[18] Reperibile in www.ilmessaggero.it.
[19] Reperibile in www.ansa.it.
[20] Testo reperibile in www.moked.it.
[21]Testo reperibile in www.moked.it.
[22] Concilio Ecumenico Vaticano II, Dichiarazione Nostra Aetate, n. 4.
[23] Francesco, Discorso alla Delegazione della Comunità Ebraica di Roma, 11 ottobre 2013, in www.vatican.va.
[24] Joseph Ratzinger, Presentazione del documento «Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah», 12 marzo 1998, in www.vatican.va.
[25] Giovanni Paolo II, Incontro con i rappresentanti della comunità ebraica nella nunziatura apostolica. In occasione del Viaggio pastorale in Austria, 24 giugno 1988, in www.vatican.va.
[26] Come ampiamente ricostruito in Paolo Palumbo, Inconciliabilità tra cattolicesimo e antisemitismo. Una prospettiva canonistica, cit.
[27] Walter Kasper, Antisemitismo una piaga da guarire. Intervento in occasione della IV Giornata Europea della Cultura Ebraica, 7 settembre 2003, reperibile sul web.
[28] Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Commissione Biblica, 11 aprile 1997, in www.vatican.va.
[29] Cfr. Annual Antisemitism Worldwide Report, pubblicato dall’Università di Tel Aviv e dall’Anti-Defamation League (ADL).
[30] Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Francese, Appello «Lottare insieme contro l’antisemitismo e l’antigiudaismo», febbraio 2021, reperibile sul web.
[31]Angelo Licastro, Incitamento all’odio religioso e tutela della dignità della persona, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Rivista telematica (www. statoechiese.it), n. 18, 2022, pp. 79-80.
[32] Cfr. Paolo Palumbo, Inconciliabilità tra cattolicesimo e antisemitismo. Una prospettiva canonistica, cit., pp. 693-696.
[33] Francesco, Discorso a una Delegazione dell’«American Jewish Committee», 8 marzo 2019, in www.vatican.va.
[34] Reperibile in www.fondazionecarlomariamartini.it.
[35] Reperibile in www.unedi.chiesacattolica.it.
[36] Francesco, Saluto alla Delegazione dell’International Jewish Commitee on Interreligious Consultations, 30 giugno 2022, in www.vatican.va.
[37]Angelo Licastro, Incitamento all’odio religioso e tutela della dignità della persona, cit., p. 80.
[38] Francesco, Spes non confundit, Bolla di indizione del Giubileo ordinario dell’anno 2025, 9 maggio 2024, in www.vatican.va, n. 8.
[39] Francesco, Discorso alla comunità Ebraica in occasione della Visita alla Sinagoga di Roma, 17 gennaio 2016, www.vatican.va.