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RIASSUNTO
Organizzazioni internazionali e Stati, in un’ottica di protezione globale del diritto alla libertà di religione, non si limitano a garantire il diritto di professare liberamente la propria religione all’interno dei propri ordinamenti ma estendono la loro azione di tutela anche alle relazioni esterne nel convincimento, sempre più diffuso, che la religione vada ad incidere in modo significativo su interessi fondamentali degli Stati e della comunità internazionale, quali la democrazia, lo sviluppo, lo stato di diritto, la pace e la sicurezza. Tale collegamento è tanto più evidente nelle attuali dinamiche internazionali, dove l’aumento dei flussi migratori fa crescere nei territori statali la presenza di persone appartenenti a religioni diverse, e la frequenza di attentati terroristici condotti in nome della religione pone spinosi problemi di sicurezza e stabilità.
I modelli più rappresentativi per analizzare l’inclusione del fattore religioso nell’azione esterna di organizzazioni internazionali e di Stati sono l’Unione europea e gli Stati Uniti che, pur perseguendo l’obiettivo comune di garantire a livello universale la libertà di religione, ricorrono a modalità di azione differenti. Nell’Unione europea prevale il ricorso al meccanismo della condizionalità dei trattati commerciali e di cooperazione conclusi con gli Stati terzi, subordinando la loro esecuzione al rispetto dei diritti umani. Negli Stati Uniti prevale il ricorso a misure coercitive unilaterali nel contesto di un meccanismo di sorveglianza che ha elevato la libertà di religione a misura specifica della politica estera USA.
L’indagine qui condotta evidenzia limiti nella portata delle misure poste in essere nei due modelli di riferimento e la tendenza nella prassi ad una loro applicazione discontinua, agevolata dalla mancanza di automaticità nell’attivazione delle misure.
PAROLE CHIAVE
Libertà di religione, azione esterna, clausole di condizionalità, misure coercitive unilaterali