Numero 2/2011FABIO FRANCESCHI Libertà della Chiesa e laicità dello Stato nell’insegnamento di Benedetto XVI
Numero 1/2011CARMELA VENTRELLA MANCINI La sinfonia di Sacerdotium e Imperium nei concilii generali e particolari dei secoli VI e VII
Il 2 ottobre 2025, re Carlo III ha confermato la nomina di Sarah Mullally (63 anni), già Vescova di Londra, ad Arcivescova di Canterbury, in un contesto di forte pressione istituzionale e canonica. La sua elezione, che segue le dimissioni dell‘Arcivescovo Justin Welby, contestato per la gestione di procedure interne e la mancanza di trasparenza, e confermata dal primo ministro in nome del sovrano, mentre evidenzia la rilevanza giuridico-canonica della nuova leadership, non manca tuttavia di suscitare reazioni diversificate e di segno opposto[1]. Mentre infatti, da taluni si sottolinea la svolta significativa rappresentata dall‘elezione per la prima volta nella storia della Chiesa d'Inghilterra, di una donna come suo rappresentante e che, in ordine cronologico di successione, sarà il 106.mo vescovo a sedere sulla cattedra del primate della Comunione anglicana, da altri se ne lamenta la contrarietà alla tradizione. L‘annuncio dell‘insediamento ufficiale[2], previsto per marzo 2026 nella Cattedrale di Canterbury - momento che segnerà l‘inizio di una nuova era per la Chiesa d‘Inghilterra[3] - ha già riscontrato forti critiche emerse soprattutto fra i settori più conservatori della Comunione anglicana che percepiscono nella sua elezione un cambiamento radicale[4].
Per comprendere pienamente la scelta dei Vescovi nella sua nomina a primate, è utile inquadrare brevemente la carriera precedente della insedianda. Prima della vita ecclesiastica, la designata Vescova ha lavorato come infermiera oncologica nel Servizio Sanitario Nazionale e ha ricoperto il ruolo di Chief Nursing Officer[5]. Dopo la sua ordinazione, nel 2012, ha assunto il ruolo di Canonico Tesoriere presso la Cattedrale di Salisbury e nel 2015 è stata consacrata Vescova di Crediton, nella diocesi di Exeter; una delle prime donne a essere nominate vescovo dopo il cambiamento delle regole. Nel 2018 è stata trasferita alla sede di Londra, la terza carica più rilevante nella Chiesa d‘Inghilterra (dopo Canterbury e York), succedendo a Richard Chartres[6]. Come Vescova di Londra, è stata una figura di spicco, ma il suo nuovo mandato sarà particolarmente delicato, poiché coincide con un momento di forte pressione sulla Chiesa dovuto a scandali passati.
Nel suo primo discorso pubblico da nominata, Mullally ha ribadito l‘impegno a promuovere la tutela, l‘ascolto e una leadership inclusiva, dichiarandosi pronta a ―confrontare gli errori del passato‖ e a ricostruire fiducia[7]. Tale posizione ha evidenziato come la sua elezione sia stata interpretata anche come un segnale istituzionale: una risposta concreta alle accuse di mancanza di trasparenza e il tentativo di inaugurare un nuovo corso di governance caratterizzato da rigore, cura pastorale e rigenerazione morale[8]. In questa stessa prospettiva ha affermato che, «nel rispondere alla chiamata di Cristo per questo nuovo ministero, lo faccio con lo stesso spirito di servizio verso Dio e verso gli altri che mi ha motivata fin da quando, da adolescente, ho abbracciato la fede. In ogni fase di questo cammino, attraverso la mia carriera infermieristica e il ministero cristiano, ho imparato ad ascoltare profondamente – le persone e il delicato impulso di Dio – cercando di riunire le persone per trovare speranza e guarigione. Voglio, molto semplicemente, incoraggiare la Chiesa a continuare a crescere nella fiducia nel Vangelo, a parlare dell’amore che troviamo in Gesù Cristo e a lasciarci plasmare da esso nelle nostre azioni. E non vedo l’ora di condividere questo cammino di fede con milioni di persone che servono Dio e le loro comunità nelle parrocchie di tutto il Paese e nella Comunione anglicana in tutto il globo».
Tenuto conto, dunque, della sua esperienza pregressa professionale, unita alla carriera ecclesiastica, il suo ministero sembra caratterizzarsi sin d‘ora per un orientamento al servizio e alla cura, valori che possono tradursi in una leadership attenta sia agli aspetti pastorali sia a quelli disciplinari e giuridici[9]. La sua elezione giunge, inoltre, in un contesto internazionale complesso, caratterizzato da divisioni nella Comunione anglicana, in particolare con province africane conservatrici che hanno espresso riserve rispetto alla guida femminile e ad alcune posizioni eticodottrinali, sottolineando come la sfida di Mullally sia anche quella di mantenere coerenza normativa e unità ecclesiale pur nel rispetto del pluralismo interno. La rilevanza del suo incarico è quindi duplice: da un lato, rappresenta un momento simbolico di rottura con secoli di predominio maschile nella gerarchia ecclesiastica, dall‘altro pone all‘attenzione degli studiosi canonisti e degli operatori ecclesiastici la concretezza delle procedure disciplinari, della tutela dei più vulnerabili e della responsabilità episcopale. In tale prospettiva, rappresenta ―un'indiscussa guida spirituale, ed insieme un punto di riferimento cruciale, una bussola[…], per la lettura teologico-sociale delle evenienze umane che si trova ad affrontare e gestire nell'esercizio della[…] governance[10], costituendo un punto di equilibrio per il sistema.
Tuttavia, la nomina ad Arcivescova di Canterbury, che rappresenta non solo un evento storico di grande rilevanza simbolica, ma anche una sfida giuridico-canonica, dovrà affrontare diverse criticità, non ultima, come si accennava, la significativa resistenza alle innovazioni che l‘ordinamento anglicano contemporaneo ha introdotto, al fine di garantire l‘effettività delle norme canoniche e la protezione dei soggetti vulnerabili.
Dal punto di vista giuridico, la normativa più rilevante in questo contesto è costituita dalla Safeguarding and Clergy Discipline Measure 2016[11], che impone ai titolari d‘ufficio ecclesiastico di agire con ―due regard ‖ alle linee guida della House of Bishops, conferendo a tali linee guida valore vincolante e definendo come misconduct la violazione sostanziale delle politiche di tutela, nonché la mancata cooperazione con le autorità civili[12]. Il Clergy Conduct Measure integra tale quadro disciplinare, tipizzando le condotte illecite, tra cui la negligenza nell‘esercizio dei doveri di tutela e l‘abuso di autorità pastorale, richiamando espressamente i Canons of the Church of England[13]. La riorganizzazione della giurisdizione ecclesiastica, operata dalla Ecclesiastical Jurisdiction Measure 2018, ha, inoltre, ridefinito i tribunali ecclesiastici, in particolare la Court of Arches, presieduta ex officio dall‘Arcivescovo di Canterbury, e ha chiarito i compiti procedurali, le competenze e le garanzie a tutela delle parti coinvolte[14]. La figura di Mullally, in quanto Primate della Chiesa d‘Inghilterra e Presidente dei Tribunali Superiori, assume dunque una valenza non solo pastorale, ma anche giuridica, essendo chiamata a garantire la coerenza nell‘applicazione delle norme, l‘effettiva implementazione delle misure di tutela e la correttezza delle procedure disciplinari nelle diocesi.
Per comprendere le implicazioni di quanto esposto, è utile leggere il quadro normativo anche attraverso una disamina comparata, grazie alla quale emergono, come evidenziato dalla dottrina italiana, a differenza di quanto si registra nel contesto di altre chiese cristiane, il rilievo assegnato al rinnovamento delle strutture interne per garantire la responsabilità dell‘autorità ecclesiastica[15] e la tutela dei soggetti vulnerabili. In particolare, si evidenzia come la formalizzazione delle norme interne in materia costituisca una premessa essenziale, non solo per assicurare l‘effettività della giustizia ecclesiale e il retto esercizio del governo[16], bensì anche per promuovere una governance[17] interna delle confessioni religiose improntata ad un maggiore pluralismo e alla necessità di mantenere un equilibrio tra requisiti confessionali e parità di genere[18]. Tali elementi risultano particolarmente significativi per interpretare le recenti riforme e decisioni, come, per l‘appunto, la nomina di Sarah Mullally, nell‘ottica di una leadership ecclesiale responsabile, declinata in chiave femminile, e coerente dal punto di vista giuridico. L‘approccio comparato suggerisce che la nuova leadership potrebbe costituire un modello di governance aperto alle nuove sensibilità dei tempi, in cui la responsabilità giuridica, l‘effettività delle norme canoniche e l‘attenzione pastorale non escludono il necessario aggiornamento, attraverso una più attenta riconsiderazione della ministerialità delle donne nella vita e nell‘agire delle chiese[19].
In conclusione, la nomina di Sarah Mullally non rappresenta soltanto un primato storico, ma costituisce anche un banco di prova per la Chiesa d‘Inghilterra, offrendo un punto di osservazione privilegiato per comprendere come l‘ordinamento anglicano stia affrontando le sfide legate alla tutela, alla disciplina e alla gestione delle funzioni di governo in un contesto ecclesiale in rapida trasformazione.
Désirèe Pappalardo
[1] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/10/03/rivoluzione-nella-chiesa-anglicana-eletta-una-donna-allaguida_c8731fae-4841-4a82-8670-41453ef92380.html
[2] Per un‘analisi del ruolo istituzionale e simbolico del primato anglicano in relazione allo Stato, in chiave comparata con modelli continentali di laicità, si veda Alessandro Tira, «Fidei Defensor». Carlo III tra religione e diritto, Torino, Giappichelli, 2025.
[3] https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2025-10/chiesa-inghilterra-donne-diritti.html
[4] https://www.osservatoreromano.va/it/news/2025-11/dcm-010/una-donna-arcivescova-di-canterbury-tra-attese-e-resistenze.html
[5] https://www.theguardian.com/world/2025/oct/03/sarah-mullally--named-first-female-archbishop-of-canterbury
[6] https://www.terrasanta.net/2025/10/londra-il-nuovo-primate-anglicano-e-sarah-mullally/
[7] https://www.repubblica.it/esteri/2025/10/03/news/sarah_mullally_chi_e_donna_capo_chiesa_inghilterra-424888221/
[8] https://it.euronews.com/2025/10/03/sarah-mulally-eletta-archivescovo-di-canterbury-e-la-prima-volta-che-una-donna-ottiene-lin
[9] Per un approfondimento sul diritto della Chiesa d‘Inghilterra e sulle dinamiche istituzionali dell‘anglicanesimo, si vedano, tra gli studiosi italiani: Silvio Ferrari, Diritto della Chiesa d’Inghilterra, in Digesto delle Discipline Privatistiche – Sezione Civile, UTET, Torino, 1991; nonché Silvio Ferrari – Cristiana Cianitto, Il diritto della Chiesa d’Inghilterra, in S. Ferrari– A. Neri (a cura di), Introduzione al diritto comparato delle religioni, Eupress-FTL, Lugano, 2007.
[10] Fabiano Di Prima, Matrimonio e Chiesa d’Inghilterra oggi, in Jus-Online, luglio 2015, disponibile al link: htts://jusvitaepensiero.mediabiblos.it/news/allegati/DiPrima_Matrimonio_e_Chiesa_JusOnline_201507.pdf
[11] Safeguarding and Clergy Discipline Measure 2016, s.1(1): obbligo dei titolari d‘ufficio di osservare le linee guida episcopali.
[12] SCdM 2016, s.6(3)(a–b): configurazione di misconduct per violazioni rilevanti delle politiche di tutela e mancata collaborazione con autorità civili.
[13] Clergy Conduct Measure, s.2(1); Canons of the Church of England, C26, C30: definizione dei doveri del clero e obblighi di cooperazione.
[15] Cfr. Antonio Ingoglia, Giuseppe La Barbera, Conflitto e bilanciamento in ambito canonico, tra norma penale in bianco e principio di legalità‖, Il Diritto Ecclesiastico, CXXXII (1-2), 2021, pp. 103-116.
[16] Sul tema della responsabilità ecclesiastica, della struttura normativa interna delle confessioni religiose e degli strumenti giuridici atti a garantire tutela ed effettività delle funzioni di governo, cfr. Maria dArienzo, Responsabilità giuridica e riparazione del danno nel sistema sanzionatorio canonico, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 32/2015; ead., Gli enti delle confessioni religiose diverse dalla cattolica. Il dialogo istituzionale e la prassi amministrativa, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 13/2022; ead., La responsabilità interordinamentale dei ministri di culto. Profili comparatistici, relazione presentata al Convegno presso l‘Università di Macerata, 4 marzo 2019.
[17] Per un approfondimento sulla responsabilità giuridica degli enti religiosi, sulla libertà religiosa e sulle procedure di diritto ecclesiastico civile - temi strettamente connessi alla governance interna e alla tutela dei soggetti vulnerabili - cfr. Antonio Fuccillo, Raffaele Santoro, Giustizia, diritto, religioni. Percorsi nel diritto ecclesiastico civile vivente, Torino, Giappichelli, 2014.
[18] Mario G. Ferrante, La responsabilità penale delle persone giuridiche nel diritto canonico, Aracne, Roma 2013; Maria dArienzo,Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista ―Stato, Chiese e pluralismo confessionale‖, 27/2012.
[19] Per un approfondimento sul rapporto tra donne e diritto canonico, si vedano: Vinicio Albanesi, Diritto canonico – Diaconato femminile: una questione di statuto, Il Regno, 2019, https://ilregno.it/attualita/2019/14/diritto-canonicodiaconato-femminile-una-questione-di-statuto-vinicio-albanesi ; Geraldina Boni, Il buon governo nella Chiesa, Idoneità agli uffici e denuncia dei fedeli, Stem Mucchi Editore, Modena, marzo 2019; Maria Maddalena Mazzia, Il ruolo della donna nella Chiesa oggi, Universitas Canónica, 41, 2021, https://revistas.javeriana.edu.co/index.php/vnicanonica/article/view/40591; Luigi Mariano Guzzo, La possibilità del diaconato delle donne nella Chiesa cattolica: un contributo di diritto canonico, IRIS – Università di Pisa, 2019,https://www.researchgate.net/publication/333520958_La_possibilita_del_diaconato_delle_donne_nella_Chiesa_cattolica_ un_contributo_di_diritto_canonico; ID., Eguaglianza battesimale e diseguaglianza ministeriale. Prospettive per una riforma dell’ordinamento canonico, Giappichelli, Torino, ottobre 2025.


