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(23 giugno 2025)
Quanto occorso il 30 aprile scorso durante la gita al centro culturale islamico “Emanet” di Susegana, organizzata dalla scuola dell’infanzia paritaria Santa Maria delle Vittorie di Ponte della Priula (Treviso), ha dato impulso ad un teso dibattito politico e culturale.
A suscitare attenzione, in particolare, è stato un frangente dell’esperienza vissuta dai bambini in gita (di età compresa tra i tre e i cinque anni), a seguito dell’introduzione fatta dal Presidente del centro, l’Imam Avnija, circa i principi basilari dell’Islam, tra cui la preghiera rituale. Come esposto da quest’ultimo ai quotidiani (v. ad es. trevisotoday.it/attualita/susegana-moschea-lettera-imam-6-maggio-2025.html), all’atto di mostrare la relativa gestualità, alcuni alunni di fede islamica l’hanno spontaneamente imitata, seguiti in ciò da tutti gli altri alunni. Al riguardo, il parroco, don Andrea Sech, legale rappresentante della scuola, la direttrice S. Bazzo, e l’insegnante S. Pillon, hanno avvertito l’esigenza di chiarire anzitutto che i genitori, debitamente informati sull’iniziativa, avevano prestato consenso alla stessa; poi, che l’imam era stato “accogliente e preciso nel far cogliere le somiglianze e le differenze tra il suo ruolo e quello del parroco stesso”, e segnatamente che i bambini “non hanno pregato, quanto seguito i gesti dei loro compagni di scuola”. (v. ad es. www.avvenire.it/attualita/pagine/bimbi-dell-asilo-cattolico-inginocchiati-in-moschea-e-polemica). La Direttrice, in particolare sottolineava il carattere di “iniziativa di pace condivisa” della visita,rientrante “nel progetto educativo della scuola”- condiviso con le famiglie come previsto dalla l. n. 62 del 2000 e - che riprende le linee guida nazionali”, tenendo “in considerazione la presenza di tante culture, di tante nazionalità e di tante religioni tra i bambini della scuola stessa” (v. ad es. orizzontescuola.it/scuola-dellinfanzia-e-la-gita-in-moschea-polemiche-e-chiarimenti-nessun-indottrinamento-solo-dialogo/). Con la chiosa fornita, della tesi abbracciata per cui “per accompagnare i bambini nel loro percorso di crescita sia importante che” questi “conoscano tutte le realtà che li circondano”. (v. ad es. https://www.tecnicadellascuola.it/bambini-in-moschea-la-dirigente-spegne-le-polemiche-ma-quale-preghiera-iniziativa-di-pace-condivisa-famiglie-daccordo).
Purtuttavia, la foto pubblicata dei bambini in preghiera ha sollevato aspre critiche, spintesi in taluni casi fino all’accusa di “sottomissione ideologica”; come pure, al contempo, messaggi di comprensione. Una posizione mediana, in tal senso, è stata quella assunta dal consigliere regionale Roberto Bet, nel rilevare come non costituito fatto problema: “la visita, nel segno della reciproca conoscenza, ma i bambini inginocchiati e la relativa foto pubblicata dalla scuola” inquadrati come “almeno un di più”. (v. ad es. https://www.avvenire.it/attualita/pagine/bimbi-dell-asilo-cattolico-inginocchiati-in-moschea-e-polemica).
La questione è stata portata all’attenzione del Parlamento europeo, dove l’eurodeputata Anna Maria Cisint ha parlato di “fondamentalismo”, reclamando controlli sulla moschea e chiedendo se i genitori fossero realmente stati informati sulle modalità di svolgimento e sulle attività programmate all’interno del Centro culturale (v. ad es.https://www.orizzontescuola.it/bimbi-in-moschea-per-una-lezione-di-islam-la-gita-scolastica-che-divide-genitori-e-insegnanti-polemiche-sui-social-indottrinamento-dialogo-interculturale/).
L’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto ha avviato accertamenti per verificare la conformità dell’iniziativa alle norme sulla parità scolastica. Lo stesso Ufficio in un comunicato afferma che “anche per questa istituzione, paritaria, come per tutte le scuole statali e paritarie, vigono le regole dell'autonomia scolastica, da cui discende la necessità di dotarsi del proprio progetto educativo, specifico, autonomo e condiviso con le famiglie. A questo progetto educativo le insegnanti e il coordinatore scolastico devono attenersi, come richiesto dalla Legge n. 62/2000 sulla parità scolastica, per ogni tipo di attività progettuale” (v. ad es. https://askanews.it/2025/05/04/alunni-veneti-in-preghiera-in-moschea-il-ministero-affida-verifiche/).
L’istituto, nella persona della Dirigente, ha rilasciato una dichiarazione a La Repubblica, in cui sostiene quanto segue: “crediamo in un’educazione che promuova rispetto e convivenza”, ribadendo che nessun bambino è stato obbligato a pregare: “i piccoli musulmani partecipano alle nostre tradizioni, così come i cristiani hanno sperimentato un momento di vita altrui”. I responsabili della scuola hanno subito chiarito: “i nostri bambini, cristiani e di altre religioni, frequentano consapevolmente una scuola cattolica, ricca di segni e azioni tipicamente cristiane. Il più semplice e quotidiano è il segno della croce per i pasti (lo fanno i cristiani, gli altri lo vedono fare), ma non mancano il presepio in collaborazione con le famiglie, la proposta di una Messa della parrocchia per l’Avvento, la celebrazione a inizio Quaresima e così via”. “C’era il bisogno - ha specificato la direzione scolastica - di vivere una reciprocità reale, per comprendersi e valorizzare le diversità: se già è abbastanza chiaro che cosa è essere cristiano perché lo si vede tutti i giorni nella scuola, e se qualche occasione c’era stata per parlare del Ramadan, mancava il toccare con mano l’esperienza di altre religioni, come quella musulmana. Toccare con mano: un bambino della scuola dell’infanzia ha bisogno di vedere, toccare, sentire, sperimentare, incontrare persone. È così che è nata la visita al Centro culturale ed è così che i bambini hanno vissuto l’esperienza.” (v. ad es. https://www.avvenire.it/attualita/pagine/bimbi-dell-asilo-cattolico-inginocchiati-in-moschea-e-polemica).
L’istituto ha preparato una relazione dettagliata per l’Ufficio Scolastico, dimostrando che l’attività è stata trasparente e inclusiva. Lo stesso, in seguito alle verifiche richieste dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, ha dichiarato quanto segue “abbiamo fatto le verifiche con l’asilo. La cosa è rientrata tranquillamente. E va bene così”. A parlare è Marco Busetti, direttore generale dell’Ufficio Scolastico del Veneto. La scuola parrocchiale ha, infatti, chiarito che con la propria azione non è mai uscita dal perimetro del progetto educativo, sostenuto anche peraltro dai genitori dei bambini. “Abbiamo assistito con dispiacere a polemiche e strumentalizzazioni che travisano completamente il senso dell’iniziativa”, hanno scritto in una lettera le famiglie. Le quali hanno altresì precisato: “occorre fare chiarezza: la visita alla moschea è stato un momento educativo all’interno di un percorso di conoscenza, dialogo e rispetto verso le diverse culture e religioni che sono presenti nel nostro paese. Riteniamo che i nostri figli debbano crescere con la capacità di conoscere e confrontarsi con ciò che è diverso, senza pregiudizi né paure. Non lasciamoci trascinare da polemiche sterili e da strumentalizzazioni politiche sulla pelle dei nostri figli e figlie, ma guardiamo al vero senso di iniziative come questa: costruire ponti, non muri”. (v. ad es. https://www.open.online/2025/05/09/treviso-bambini-gita-moschea-indagine-ufficio-scolastico/).
Dal punto di vista giuridico, l’episodio – interessa qui porre in evidenza - solleva diverse questioni rilevanti, sia in termini di rispetto del principio di laicità, sia riguardo ai limiti dell’autonomia scolastica. A tale ultimo riguardo, occorre rilevare come i viaggi e le visite d’istruzione si configurino quale momento integrativo e complementare all’attività educativo-didattica della scuola e costituiscano parte integrante e qualificante dell’offerta formativa. Inoltre, i viaggi e le visite d’istruzione costituiscono momento privilegiato di conoscenza, comunicazione e socializzazione, nonché di ampliamento dell’orizzonte culturale, preziosa occasione di riscontro e approfondimento di quanto trattato nelle attività di studio. Sul punto, pare opportuno citare la Nota Ministeriale n. 2209 dell'11 aprile 2012 la quale, richiamando il D.P.R. n. 275 del 1999, ha rimarcato come, a decorrere dal 1° settembre 2000, sia stata stabilita la completa autonomia delle scuole anche in materia di organizzazione di uscite didattiche. Ciò significa che le scuole italiane hanno completa autonomia riguardo l’organizzazione delle uscite didattiche, delle gite scolastiche, delle visite guidate, dei viaggi di istruzione, sia in Italia che all’Estero.
Occorre, altresì, ricordare che la scuola, essendo paritaria e riconosciuta ai sensi della Legge 62/2000, ha il dovere di garantire un'educazione che promuova valori di rispetto e convivenza tra culture e religioni, e le attività devono rispettare i principi di neutralità e di pluralismo che caratterizzano il sistema scolastico. Il coinvolgimento di bambini in pratiche religiose o simili, anche se meccanicamente imitate, potrebbe essere interpretato come una forma di coinvolgimento diretto che va attentamente valutato, per evitare che si configurino contegni da cui derivino violazioni del principio di laicità. La scuola ha dichiarato che l’attività era stata approvata dalle famiglie, ma resta da verificare se siano state fornite tutte le informazioni necessarie circa la natura dell’esperienza, il suo carattere di simulazione o coinvolgimento religioso e se siano state rispettate le modalità di consenso, specialmente nel caso di minori. La dichiarazione della scuola che i bambini “hanno solo mimato i gesti” (v. ad es. https://www.orizzontescuola.it/scuola-dellinfanzia-e-la-gita-in-moschea-polemiche-e-chiarimenti-nessun-indottrinamento-solo-dialogo/) potrebbe non essere sufficiente a escludere una possibile percezione di coinvolgimento religioso, specialmente se le attività sono percepite come appartenenti a una pratica religiosa vera e propria.
Secondo la normativa vigente, in particolare in ambito di attività extrascolastiche o di educazione interculturale, è fondamentale che i genitori siano debitamente informati e che abbiano dato un consenso libero e consapevole. Nello specifico, la finalità di dialogo interculturale rischia di essere percepita come un’indiretta promozione religiosa, soprattutto in relazione alla presenza di un Imam che assiste alla simulazione di riti religiosi. La giurisprudenza italiana ed europea sottolinea l’importanza del rispetto del principio di neutralità delle istituzioni scolastiche e della tutela dei minori da attività che possano configurarsi come forme di indottrinamento o di privilegio di una religione rispetto ad altre.
L’avvio degli accertamenti da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto - peraltro atto dovuto alla luce delle polemiche sollevate da diverse parti sociali, politiche e non - rappresenta un atto di tutela della legalità e dei principi di pluralismo. È importante che tali controlli verifichino se l’attività si sia svolta nel rispetto delle norme sulla libertà religiosa, sulla laicità della scuola e sulla tutela dei minori, e se siano stati rispettati i principi di trasparenza e di adeguata informativa alle famiglie. Dal punto di vista giuridico, l’attività dovrà essere valutata alla luce di un equilibrio tra il rispetto della libertà religiosa, la tutela dei diritti dei minori e il principio di neutralità delle istituzioni scolastiche.La trasparenza, l’informazione adeguata e il consenso delle famiglie sono elementi imprescindibili per garantire la legittimità di tali attività, nel rispetto della normativa vigente.
In tal senso, rileva come l’Ufficio Scolastico Regionale Veneto, con propria nota, abbia esaminato il progetto educativo della scuola, da cui non sarebbero emersi problemi: l’istituto avrebbe chiarito di non essere mai uscito dal perimetro del proprio progetto educativo, sostenuto anche dai genitori dei bambini. Dal canto suo la Fism, la Federazione delle scuole materne paritarie cattoliche, dopo il clamore mediatico scatenato dalle foto messe su Facebook, sembra voglia correre ai ripari e stia organizzando dei corsi di formazione per tutte le maestre per insegnare loro cosa, e soprattutto come, postare sui social quello che fanno.
(v. ad es. https://www.trevisotoday.it/attualita/susegana-caso-moschea-9-maggio-2025.html).
Nonostante la bufera si sia placata a seguito dei controlli effettuati dall’Ufficio Scolastico Regionale e del responso fornito, è utile ribadire l’importanza di tener presente i limiti che segnano la laicità “inclusiva” italiana[1], senza accedere, al contempo, a sue incongrue “focalizzazioni parziali”[2], che possono non tenere in debito conto tutti i principi in esso sintetizzati, a partire da quello dell’indipendenza degli “Ordini distinti”.
A tale riguardo, risulta utile il richiamo di quanto affermato dal Prof. Carlo Cardia[3], e cioè come sia “impossibile ignorare l’ evoluzione storica legata al pluralismo religioso che tende a crescere sempre più nella società e che richiede, oggi più di ieri, l’adozione di una laicità positiva, capace di fare dell’accoglienza il criterio essenziale del suo rapporto con la scuola” , nella misura in cui questa “si fonda su quel profondo rispetto di tutte le fedi, e di tutte le credenze, che è all’origine, di tutte le formulazioni del diritto di libertà religiosa. Questo rispetto deve manifestarsi anzitutto nei confronti delle manifestazioni indirette dell’appartenenza religiosa, e quindi di una simbologia che può essere storica, socio-culturale, e personale. L’educazione religiosa è certamente veicolo di conoscenze, ma è proposta e sviluppata con un animus partecipationis che trasmette alla coscienza valori e principi di cui si cerca di spiegare appieno la valenza e il significato profondo.” Alla luce di quanto sommariamente riferito, emerge la necessità di riconsiderare, in una nuova ottica, il rapporto complesso tra laicità, libertà religiosa e diritto costituzionale, stante l’assenza di un quadro normativo che definisca chiaramente i limiti e le modalità di esercizio delle pratiche religiose nelle scuole[4], in modo da rispettare la specificità ecclesiasticistica italiana, garantendo, al contempo, un equilibrio con i diritti fondamentali di tutte le componenti della comunità scolastica. L’attuale quadro normativo e giudiziario appare difatti privo di una pertinente base normativa coerente, atto a definire i principi e le modalità di applicazione, nel rispetto del modello italiano di laicità “dialogica e cooperativa”[5], e riconoscendo, al tempo stesso, l’importanza della religione come elemento identitario e culturale della società.
Désirée Pappalardo
[1] Maria d’Arienzo, Pluralismo religioso e dialogo interculturale. L’inclusione giuridica delle diversità. Luigi Pellegrini ed., Cosenza; Mario Ferrante, Diritto, religione, cultura: verso una laicità inclusiva, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Riv. telematica(statoechiese.it), n. 35 del 2017.
[2] Fabiano Di Prima, Marco Dell’Oglio, Le attività di culto nella scuola pubblica, tra laicità, «libertas Ecclesiae» e libertà religiosa collettiva, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Riv. telematica (statoechiese.it), 28 novembre 2016, p. 55 ss.
[3] In occasione di una relazione tenuta per il ciclo Stato – Chiesa – Scuola, organizzato dall’Ufficio catechistico e dall’Ufficio scuola della diocesi di Roma e ospitato presso il Liceo “E. Q. Visconti in data 26 ottobre 2016.
[4] Cfr. Fabiano Di Prima, Marco Dell’Oglio, Le attività di culto nella scuola pubblica, cit.
[5] Cfr. in tal senso l’Introduzione di Maria D’Arienzo, Mario Ferrante, Fabiano Di Prima, al volume dagli stessi curato “Le intese: attualità e prospettive, prendendo spunto dalla recente Intesa con la Chiesa d’Inghilterra” (Quad. monografico n. 4, Rivista Diritto e Religioni), Luigi Pellegrini, Cosenza, 2023.