Numero 2/2024INDICE GENERALE
NEWSITALIA Il disappunto della CEI sulle recenti modifiche normative in tema di gestione dell’otto per mille di pertinenza statale (Andrea Micciché)
(20 giugno 2025)
La sentenza della Corte Suprema n. Reiwa 6 (Kyo) 31, del 3 marzo 2025, giudica in appello la sentenza n. Reiwa 6 (Ra) 968, dell’Alta Corte di Tokyo, del 27 agosto 2024, relativa allo scioglimento in Giappone della ‘Chiesa del Rev. Moon’.
In Giappone i rapporti fra Stato e Chiese hanno oggi una cornice normativa successiva alla IIa Guerra mondiale[1], costituita principalmente dalla dichiarazione con cui l’Imperatore rinunziò a rivendicare l’origine divina della propria persona ed autorità (del 3 gennaio 1946)[2], dalla Costituzione (del 3 novembre 1946)[3], e dalla legge sulle organizzazioni religiose (Religious Corporations Act, RCA, del 3 aprile 1951) [4].
Il Ministro dell’Istruzione, della Cultura, dello Sport, della Scienza e della Tecnologia, autorità competente - sulla base di ventidue precedenti sentenze civili con le quali i seguaci della Chiesa del Rev. Moon sono stati condannati perché la loro sollecitazione di donazioni costituiva un illecito ex art. 709[5] del Codice civile giapponese[6] - sopprime l’organizzazione religiosa della Chiesa del Rev. Moon ex art. 81 della Legge sulle organizzazioni religiose.
La nuova Costituzione del Giappone garantisce la libertà di religione (art. 19)[7], impone la separazione della religione dallo Stato (art. 20 comma 1)[8], vieta il patrocinio statale di qualsiasi religione (art. 89)[9], garantisce la libertà di religione a tutti e stabilisce che nessuna organizzazione religiosa riceverà privilegi dallo Stato né eserciterà alcun potere politico[10].
Nessuna religione è autorizzata ad avere una posizione privilegiata nei confronti dello Stato. Secondo il comma 2 dell’art. 20, inoltre, nessuno sarà costretto a prender parte ad atti religiosi, celebrazioni, riti o pratiche[11].
L’art. 20 comma 3, infine, prevede che lo Stato e i suoi organi si astengano dall’educazione religiosa o da qualsiasi altra attività religiosa a scuola[12].
Un’altra normativa sul rapporto tra Stato e religione può essere trovata nell’ambito finanziario: ex art. 89 della Costituzione, infatti, nessuna somma di denaro pubblico od altra proprietà deve essere spesa o stanziata per l’uso o il mantenimento di qualsiasi istituzione o associazione religiosa, o per qualsiasi impresa caritatevole, educativa o benevola non sotto il controllo dell’autorità pubblica. Pertanto, lo Stato, ad esempio, non è autorizzato a fare donazioni finanziarie a santuari o altre istituzioni di proprietà di società religiose[13].
In relazione a questi due articoli principali, l’articolo 14 vieta “la discriminazione nelle relazioni politiche, economiche o sociali a causa… della fede religiosa”[14] e l’articolo 19[15] proibisce qualsiasi violazione della libertà di pensiero o di coscienza[16].
Sulla base di queste disposizioni costituzionali le organizzazioni religiose sono considerate “enti di servizio pubblico”, con personalità giuridica ai sensi della citata legge del 1951 sulle società religiose.
La capacità giuridica offre significativi vantaggi fiscali e fornisce ai gruppi religiosi la capacità d’operare non solo come enti senza scopo di lucro, ma anche come imprese a scopo di lucro (art. 6)[17].
In reazione alla pesante regolamentazione statale della religione durante il periodo prebellico, il quadro normativo del dopoguerra si basa sul presupposto che lo Stato non possa né debba interferire indebitamente negli affari religiosi[18].
Per ricevere il riconoscimento istituzionale di “organizzazione religiosa” una comunità deve registrarsi presso le autorità locali o nazionali secondo le norme della legge sulle società religiose[19].
Questa legge si pone due obiettivi: in primis, regolare l’enorme numero di gruppi religiosi all’interno dello Stato, e, in secundis, consentire ai gruppi religiosi d’acquisire la personalità giuridica, in modo d’avere la capacità legale di possedere, ricevere ed utilizzare oggetti o luoghi di culto, o qualsiasi altra proprietà, e di partecipare ad altri compiti e impegni per raggiungere i loro obiettivi[20].
La registrazione delle organizzazione religiose, definite ex art. 2, dipende dalle condizioni formali, dal momento che l’autorità competente al riguardo (individuata ex art. 5) è autorizzata a rifiutare la registrazione solo se il gruppo richiedente non sia una comunità religiosa, o se i suoi statuti o la procedura della sua fondazione non siano conformi ai regolamenti (ex art. 12) o ad altre disposizioni normative (ex art. 14 comma 1)[21].
Non v’è, in altre parole, un controllo nel merito per stabilire se l’organizzazione abbia natura effettivamente religiosa oppure no, sicché, a causa dei vantaggi della registrazione, in pratica quasi tutti i gruppi religiosi si registrano: al 31 dicembre 2023 (ultimo dato disponibile), infatti, erano quasi 180.000[22].
L’art. 81 della legge sulle organizzazioni religiose, tuttavia, prevede che un tribunale possa ordinare lo scioglimento d’una società religiosa su richiesta dell’autorità competente, delle parti interessate o del pubblico ministero, oppure anche d’ufficio, in presenza di determinati motivi[23].
Nel marzo 1995, il gruppo religioso noto come Aum Shinrikyo ha compiuto un attentato con gas velenosi nella metropolitana di Tokyo, uccidendo dodici persone e provocando lesioni in più di cinquemila, sicché, pochi mesi dopo, il Parlamento giapponese ha rivisto la legge sulle società religiose, con un passaggio del controllo sulle organizzazioni religiose dalle autorità locali a quelle centrali, ed un maggiore accesso governativo ai registri delle organizzazioni religiose[24].
Il procedimento di scioglimento d’una società religiosa è stato anche sottoposto a giudizio di costituzionalità rispetto alla sua possibile contrarietà con l’articolo 20 comma 1 Cost.: la Corte Suprema, infatti, con sentenza del 30 gennaio 1996, in seguito alla richiesta di scioglimento dell’Aum Shinrikyo, ha affermato tuttavia la piena costituzionalità della disposizione de qua: lo scioglimento d’un’organizzazione religiosa non viola la libertà religiosa dei suoi fedeli[25].
La legge, infatti, come afferma la Corte Suprema, mira a garantire la capacità giuridica alle organizzazioni religiose affinché possano possedere e gestire luoghi di culto, nonché altri beni (art. 1, comma 1), e prevede che a tali organizzazioni possa essere riconosciuta la personalità giuridica (art. 4). La suddetta regolamentazione delle organizzazioni religiose, pertanto, si limita all’aspetto pratico delle organizzazioni religiose e non si estende ai loro aspetti spirituali o religiosi. La normativa non intende interferire con la libertà di religione, sostiene la Corte Suprema, e l’ordinanza di scioglimento rivolta alle organizzazioni religiose, prevista ex art. 81, è intesa a disporre coattivamente lo scioglimento forzato delle organizzazioni religiose mediante procedura giudiziaria e la privazione della personalità giuridica nei casi in cui sia stato commesso un atto contrario alla legge e che abbia danneggiato sostanzialmente il benessere pubblico (art. 81, comma 1), un atto che abbia ecceduto sostanzialmente lo scopo di un’organizzazione religiosa (art. 81, comma 2), o quando l’organizzazione abbia cessato di avere la natura di persona giuridica religiosa o di organizzazione giuridica (art. 81, commi 2-5), poiché in tali casi è inappropriato o superfluo lasciare all’organizzazione religiosa la capacità giuridica[26].
Pertanto, anche se un’organizzazione religiosa fosse oggetto d’un ordine di scioglimento, ai suoi fedeli non è impedito di continuare a seguire l’organizzazione religiosa stessa, seppur ormai senza personalità giuridica, né di crearne una nuova, né di compiere atti religiosi o di procurarsi nuovi luoghi di culto od arredi sacri per l’esercizio di tali atti[27].
Benché ciò sia vero in linea teorica generale, tuttavia, va detto che sul piano pratico quando un ordine di scioglimento entra in vigore segue una procedura di liquidazione (artt. 49, comma 2, e 51), sicché, di conseguenza, i beni dell’organizzazione religiosa, come gli edifici per gli atti di culto e gli altri arredi sacri saranno venduti all’asta (art. 50), con la possibilità che si verifichi una qualche interruzione nella possibilità di continuare la celebrazione degli atti di culto, benché di per sé restano possibili, sempre a detta della Corte[28].
Pur di fronte alla citata sentenza della Corte Suprema ch’espressamente riconosce la legittimità costituzionale della norma sulla dissoluzione delle organizzazioni religiose, comunque, parte della dottrina rimane dubbiosa al riguardo[29], ritenendo che, alla luce dell’importanza della libertà religiosa, che è una delle libertà spirituali garantite dalla Costituzione, si debba valutare molto attentamente se la Costituzione consenta effettivamente di limitare legalmente gli atti religiosi dei credenti[30].
Nel caso specifico, ad ogni modo, questa sentenza del 1996 della Corte Suprema si riferisce allo scioglimento d’un’organizzazione religiosa che aveva complottato per produrre Sarin, un gas velenoso, allo scopo di commettere un omicidio di massa, e lo aveva prodotto sistematicamente ed in modo organizzato, mobilitando numerosi fedeli, utilizzando le proprie strutture e le proprie risorse finanziarie: è evidente ch’essa abbia agito contro la legge commettendo un atto sostanzialmente contrario al benessere pubblico, rientrando così nei parametri previsti della legge per il suo scioglimento d’autorità[31].
Nella sentenza del 3 marzo 2025, invece, il provvedimento di dissoluzione è stato decretato a seguito d’una ‘semplice’ irregolarità amministrativa, ciò che risponde perfettamente alla prima parte del requisito previsto dal comma 1, ossia “atti contrari alla legge”, mentre la seconda parte, ossia atti “che sono chiaramente considerati significativamente dannosi per il benessere pubblico”, è stata considerata presente non tanto per la singola fattispecie del caso in questione, in base alla sommatoria delle numerose sentenze pronunziate riguardo l’organizzazione religiosa negli ultimi anni[32].
La serie di condanne ora citata ha consentito alla Corte Suprema nell’ultima sentenza di configurare l’attività della Chiesa del Rev. Moon come il perpetuarsi di un reato continuato, ciò che anche secondo la dottrina italiana[33]può essere considerato di particolare gravità e pericolosità sociale integrando così il requisito della seconda parte del comma 1 dell’art. 81[34].
Gli abitanti dell’arcipelago nipponico, in effetti, non sembrano avere particolari preoccupazioni riguardo alla situazione religiosa del Giappone di oggi, anche se non sono affatto atei o non religiosi: si potrebbe addirittura dire che la maggior parte di loro sembra condurre una vita quotidiana abbastanza religiosa[35], inseriti in un contesto normativo che è passato dall’avere una religione di Stato (lo Shintoismo, con la Costituzione dell’11 febbraio 1889, la ‘’Costituzione Meiji’), ad un separatismo di tipo nordamericano, con la Costituzione del 3 novembre 1946, introdotta sotto la forte influenza e pressione soprattutto degli Stati Uniti.
Benché il principio della separazione tra Stato e comunità religiose sia stato chiaramente esplicitato nel testo costituzionale, tuttavia, le vicende degli ultimi anni, dall’affaire ‘Aum Shinrikyo’ e le varie condanne subite dalla ‘Chiesa del Rev. Moon’, hanno reso necessario potenziare ed iniziare a mettere concretamente in atto la procedura, già prevista dalla legge del 1951, per lo scioglimento coatto d’un’organizzazioni religiosa, a dimostrazione del fatto che, come autorevole Dottrina ha affermato: “Sarebbe molto semplice dire che politica e religione procedono su piani diversi, che è meglio tenerle separate. Così in effetti non è, perché entrambe si occupano della vita dell’uomo, in modo immanente l’una, trascendente l’altra, rispondendo cioè a due diverse esigenze”[36].
Stefano Testa Bappenheim
[1] Cfr. https://www.mext.go.jp/b_menu/hakusho/html/others/detail/1318169.htm; v. T. JOLYON BARAKA, Faking liberties: religious freedom in American-occupied Japan, Chicago - London, 2018, pp. 179 ss.; D.M. O’BRIEN – Y. OHKOSHI, To Dream of Dreams: Religious Freedom and Constitutional Politics in Postwar Japan, Honolulu, 1996, pp. 98 ss.; E. SEIZELET, Politique et religion en Asie Orientale, in Rev. Et. Comp. Est-Ouest, 2001, pp. 5 ss.
[2] Cfr. https://www.ndl.go.jp/constitution/e/shiryo/03/056shoshi.html, https://www.ndl.go.jp/constitution/shiryo/03/056/056tx.html, v. K. TAKEUCHI, Politica dell’identità nazionale nel Giappone moderno, in M. TESORO, Monarchia, tradizione, identità nazionale: Germania, Giappone e Italia tra Ottocento e Novecento, Milano, 2004, pp. 215 ss.; M. KOICHI, The Emperor of Japan: A historical study in religious symbolism, in Japanese Journal of Religious Studies, 1979, pp. 522 ss.; T. FUJITANI, Splendid Monarchy: Power and Pageantry in modern Japan, Berkeley – Los Angeles, 1996, pp. 39 ss.; E. SEIZELET, La Maison impériale japonaise et le principe de séparation de l’État et de la religion, in Rev. Dr. rel., 2020, pp. 159 ss.
[3] Cfr. https://japan.kantei.go.jp/constitution_and_government_of_japan/constitution_e.html; v. D.M. HELLEGERS, We, the Japanese People: World War II and the origins of the Japanese Constitution, I, Stanford, 2001, pp. 281 ss.; N. TAKIZAWA, Religion and State in Japan,in J. Church & St., 1988, pp. 89 ss.; E. SEIZELET, Le principe de séparation de l’Etat et de la religion: aperçus sur le rôle du fait religieux dans les institutions et la vie politique japonaises, in Rev. Et. Comp. Est-Ouest, 2001, pp. 111 ss.
[4] Cfr. https://www.japaneselawtranslation.go.jp/en/laws/view/3898/en
[5] “A person that has intentionally or negligently infringed the rights or legally protected interests of another person is liable to compensate for damage resulting in consequence”.
[6] Cfr. https://www.japaneselawtranslation.go.jp/en/laws/view/4848
[7] “Article 19. Freedom of thought and conscience shall not be violated”.
[8] “Freedom of religion is guaranteed to all. No religious organization shall receive any privileges from the State, nor exercise any political authority.
No person shall be compelled to take part in any religious act, celebration, rite or practice.
The State and its organs shall refrain from religious education or any other religious activity.”
[9] “No public money or other property shall be expended or appropriated for the use, benefit or maintenance of any religious institution or association, or for any charitable, educational or benevolent enterprises not under the control of public authority.”
[10] M. d’ARIENZO, Conscience, Values and Religious Identity, in Jurnalul Libertăţii de Conștiinţă - Journal for freedom of conscience, 2022, pp. 441 ss.; J.I. ARRIETA, Le articolazioni delle istituzioni della Chiesa e i rapporti con le istituzioni politiche, in IE, 2008, pp. 13 ss.; E. SEIZELET, La Maison impériale japonaise et le principe de séparation de l’État et de la religion, in Revue du droit des religions,2020, pp. 159 ss.; W.H.M. CREEMERS, Shrine Shinto after World War II, Leiden, 1968, pp. 87 ss.; O. FUMAGALLI CARULLI, L’antica idea di separazione, in AA.VV., Individuo, gruppi, confessioni religiose nello Stato democratico, Milano, 1973, pp. 975 ss.
[11] H. HARDACRE, Religion and the japanese Constitution, in A.U. BALI – H. LERNER (a cura di), Constitution Writing, Religion and Democracy, Cambridge, 2017, pp. 49 ss.; K. TAKEUCHI, Politica dell’identità nazionale nel Giappone moderno, in M. TESORO, Monarchia, tradizione, identità nazionale: Germania, Giappone e Italia tra Ottocento e Novecento, Milano, 2004, pp. 215 ss.
[12] P. LO IACONO, Neutralità della scuola pubblica e divieto di pregare: riflessioni sulla laicità e sul laicismo, in Dir. Fam. Pers., 2018, pp. 1442 ss.; M. FERRANTE, Diritto, religione e cultura: verso una laicità inclusiva, in Dir. Eccl., 2016, pp. 425 ss.; N. MARCHEI, La laicità “culturale” come principio supremo, in A. CERETTI – L. GARLATI (a cura di), Laicità e Stato di diritto, Milano, 2007, pp. 333 ss.; E. TAKAHATA, Religious education in Japan, in The Routledge International Handbook of Religious Education, London, 2013, pp. 178 ss.
[13] O. ISHIMURA, Religionsfreiheit und Tradition in Japan. Zum Verständnis ostasiatischer Verfassungen, in JÖR, 1996, pp. 597 ss.; A. FERRARI, Laicità e religione civile: qualche osservazione su un “matrimonio dispari”, in qdpe, 2003, pp. 139 ss.; C. LASPERANZA, The Japanese pontifex: A study on State-religion separation and its criticalities, in Riv. Dir. Comp., 2014, pp. 254 ss.
[14] “All of the people are equal under the law and there shall be no discrimination in political, economic or social relations because of race, creed, sex, social status or family origin […]”
[15] “Freedom of thought and conscience shall not be violated”.
[16] Cfr. M. PARISI, Pluralismo religioso e disegno costituzionale di politica ecclesiastica. Per una laica interpretazione ed applicazione dei fondamentali principi di libertà, in Anuario de derecho eclesiástico del Estado, 2016, pp. 645 ss.
[17] I. READER – G.J. TANABE JR., Practically Religious: Worldly Benefits and the Common Religion of Japan, Honolulu 3rd edition, 2018, pp. 54 ss.
[18] H. HARDACRE, Shinto and the State, 1868-1988, Princeton, 1989, pp. 41 ss.; E. SEIZELET, Japon: Etat et religion, in Géopolitique, 2004, pp. 36 ss.
[19] Y. ABE, Religion and the State in Modern Japan, in AA.VV., Religion in Japan Today, Tokyo, 1992, pp., 40 ss.
[20] “The purpose of this Act is to confer legal capacity on religious organizations in order to facilitate their owning of establishments for worship and other properties, maintaining and utilizing such properties, and operating business affairs and enterprises for the achievement of their purposes”.
[21] E. TAKAHATA, Religious Accomodation in Japan, in BYU L. Rev., 2007, pp. 729 ss.
[22] Cfr. https://www.bunka.go.jp/english/policy/religious_institutions/index-blank.html; v. H. HARDACRE, Religion and Civil Society in Contemporary Japan, in Jap. Jour. of Relig. Studies, 2004, pp. 389 ss.
[23] K. YOKOTA, The Separation of Religion and State, in P.R. LUNEY Jr. – K. TAKAHASHI (a cura di), Japanese Constitutional Law, Tokyo, 1993, pp. 205 ss.
[24] S. SUSUMU, The evolution of Aum Shinrikyo as a religious Movement, in R.J. KISALA – M.R. MULLINS, Religion and Social Crisis in Japan: Understanding Japanese Society Through the Aum Affair, New York, 2001, pp. 19 ss.; C.W. HUGHES, The reaction of the Police and Security Authorities to Aum Shinrikyo, ivi, pp. 53 ss.; M.R. MULLINS, The legal and political Fallout of the ‘Aum Affair’, ivi, pp. 71 ss.; R. KISALA, Religios responses to the ‘Aum Affair’, ivi, pp. 107 ss.
[25] Affaire ‘Aum Shinrikyo vs Public Prosecutor & Tokyo’, 1555 HANREI JIHO 3 (Superior Court, 30 gennaio 1996), in https://www.courts.go.jp/app/hanrei_en/detail?id=252
[26] H. KOBAYASHI, Religion in the Public Sphere: Challenges and Opportunities in Japan, in BYU L. Rev., 2005, pp. 683 ss.
[27] Z. WENLIANG, Japan’s Law on Religion and Management of Religion, in Chin. L. & Rel. Monitor, 2012, pp. 48 ss.
[28] S. SHIMAZONO, The commercialization of the sacred: the structural evolution of religious communities in Japan, in Social Science Japan Journal, 1998, pp. 181 ss.
[29] Y. OKUDAIRA, Current Controversies on the Control of Religious Organizations in Japan, in Colum. J. Asian L., 1996, pp. 127 ss.; R. KISALA, Reactions to Aum: The Revisions of the Religious Corporations Law, in Japanese Religions, 1997, pp. 60 ss.; M. MULLINS, The political and legal Response to the Aum-related Violence in Japan, in Japan Christian Quarterly, 1997, pp. 37 ss.
[30] S. MATSUI, Japan: The Supreme Court and the Separation of Church and State, in Int. Journal of Constitutional Law, 2004, pp. 534 ss.; K. YAMAGISHI, Freedom of Religion, Religious Political Participation, and Separation of Religion and State: Legal Considerations from Japan, in BYU L. Rev., 2008, pp. 919 ss.; M. REPP, Religion and Violence in Japan: the Case of Aum Shinrikyo, in J.R. LEWIS (a cura di), Violence and New Religious Movements, Oxford, 2011, pp. 147 ss.; ID., Aum Shinrikyo and the Aum Incident: A Critical Introduction, in J.R. LEWIS – J. A. PETERSEN, Controversial new religions, Oxford, 2014, pp. 210 ss.
[31] T.L. MADDEN, The Dissolution of Aum Shinri Kyo as a Religious Corporation, in Pac. Rim L. & Pol'y Journal, 1997, pp. 327 ss.; S. KUMAR, Civil Society and the State: A Case for Religious versus Secular Rights in Contemporary Japan, in Bull. Inst. Or. Phil., 1996, pp. 122 ss.
[32] Tribunale distrettuale di Tokyo (26 marzo 2021, 6 febbraio 2017, 13 gennaio 2016, 27 novembre 2013), Tribunale distrettuale di Sapporo (24 marzo 2014 e 29 giugno 2001), Tribunale distrettuale di Fukuoka (11 marzo 2010), High Court di Tokyo (26 dicembre 2017), High Court d’Hiroshima (Okayama section, 14 settembre 2000).
[33] E.M. AMBROSETTI, Problemi attuali in tema di reato continuato, Padova, 1991; G. VARRASO, Il reato continuato tra processo ed esecuzione penale, Padova, 2003; M. ALESCI, Il reato continuato alla prova del tempo, tra dimensione soggettiva e oggettiva. “Fine” e “mezzo” nel contesto del «medesimo disegno criminoso», in Giust. Pen., 2024, II, pp. 93 ss.
[34] M. INTROVIGNE, Dangerous for Many Religions: The New Japanese Guidelines on Religious Donations and “Religious Abuse of Children”, in Journ. CESNUR, 2023, pp. 72 ss.
[35] https://www.nhk.or.jp/bunken/d/research/yoron/BUNA0000010690040003/: secondo l’ultimo rilevamento statistico ufficiale, del 2019, il 36% dei Giapponesi dichiara di seguire una religione.
[36] M. TEDESCHI, Politica, religione e diritto ecclesiastico, in Dir. fam. pers., 1996, p. 1524.